I Pabst sono una band punk-rock di Berlino: il trio tedesco ha realizzato finora un album, “Chlorine” (2018), oltre a alcuni EP e a una manciata di singoli. Tra pochi giorni (venerdì 19 giugno), invece, arriverà il loro secondo full-length, “Deuce Ex Machina”, che verrà pubblicato dalla Ketchup Tracks, l’etichetta di loro proprietà . Noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa nuova uscita per contattare i tre ragazzi berlinesi via e-mail e parlare, oltre che del nuovo disco, della loro nuova label, delle loro influenze, del processo creativo, ma anche dei vinili e della attuale situazione della musica live. Ecco cosa ci hanno raccontato:
Ciao, come state? Mi auguro che stiate tutti bene. Per favore potete presentare la vostra band ai nostri lettori?
Ciao, siamo Erik, Tore e Tilman dei Pabst. Stiamo bene, grazie! Speriamo che stia bene anche tu!
Ho letto che, prima di formare i Pabst, Erik e Tore suonavano già insieme in progetti di musica elettronica: perchè avete deciso di creare questo nuovo gruppo e cambiare il vostro genere musicale? è forse stata una specie di sfida per voi?
Era l’opposto di una sfida, ahah. Eravamo stanchi di provare a produrre musica elettronica e farla funzionare live. E’ così faticoso dover preparare tutto prima che tu possa suonare la prima nota, quindi ci siamo detti: “La prossima cosa che faremo sarà un gruppo con chitarra, basso e batteria.”
Il vostro secondo album, “Deuce Ex Machina” uscirà tra pochi giorni: da dove proviene il titolo? Quali sono stati i principali cambiamenti tra il vostro debutto “Chlorine” e il vostro nuovo lavoro?
Il titolo è un gioco di parole (ovviamente). Da un lato deriva dalla frase “Deus ex Machina” (Il dio della macchina), che è abbastanza comune e significa un avvenimento, principalmente in letteratura, teatro o cinema, che non è motivato e fa avanzare la trama. L’abbiamo preso e l’abbiamo trasformato nel Diavolo dalla macchina, quindi ha una connotazione più scura. Inoltre, “Deuce” significa qualcosa come “il secondo” e – indovina un po’ – è il nostro secondo disco. La differenza principale tra i due album è probabilmente il modo in cui abbiamo registrato le canzoni. “Chlorine” è stato registrato traccia per traccia e messo insieme. “Deuce” è stato registrato dal vivo come band e sovrainciso poco senza fare altri take. Abbiamo anche dovuto scrivere le canzoni perchè non potevamo semplicemente arrivare in studio con delle idee e arricchirle mentre andavamo avanti con il lavoro. Bisognava che tutto fosse già stato provato abbastanza bene all’inizio. L’effetto positivo di ciò è soprattutto che le canzoni funzionano molto meglio e hanno una maggiore atmosfera live.
“Deuce Ex Machina” sarà realizzato dalla vostra etichetta, la Ketchup Tracks: come mai avete scelto di pubblicarlo per conto vostro?
Al giorno d’oggi la pubblicazione attraverso un’etichetta non significa la stessa cosa di quello che poteva essere una volta … per esempio ora non ricevi più il budget in anticipo dalle etichette o, quando ciò accade, ci sono delle condizioni da rispettare. Abbiamo pubblicato il nostro precedente materiale tramite la Crazysane, una piccola etichetta di Berlino gestita da una persona. Chris (che è Crazysane) ha fatto tutto il possibile per sostenerci e farci conoscere, ma poteva fare solo un tanto, visto che il suo tempo e la sua energia sono ovviamente limitati. Alla fine abbiamo capito che ha più senso fare il lavoro sporco da soli e ottenere aiuti promozionali da uno sbocco più grande. Ora dobbiamo lavorare molto di più, ma possiamo avere il bel network che abbiamo scelto oltre alla libertà artistica.
Quali sono state le vostre maggiori influenze musicali per il vostro nuovo disco? Di recente siete stati in tour con Bob Mould: ha forse influenzato in qualche la vostra musica?
Abbiamo uno strano set di influenze. La maggior parte delle cose che pensi di sentire nella nostra musica non ci sono arrivate perchè l’abbiamo deciso consapevolmente. Molte delle nostre influenze non le puoi sentire visto che prendiamo molto molto dal pop, dall’elettronica, dall’hardcore, dall’ambient, ecc., ma in modi diversi rispetto al semplice utilizzo come schemi musicali per le nostre canzoni. Abbiamo una certa filosofia (se vuoi chiamarla così) nella scrittura e poi il suono esce e basta. Per esempio non diciamo: “facciamo una canzone che suoni come X”. Ovviamente Bob Mould è stato un nome che ha suonato un campanello e indirettamente lui e le sue band hanno avuto un’enorme influenza sulla nostra musica! Gli Hà¼sker Dà¼, per esempio, hanno creato un certo suono, ma, soprattutto, una certa mentalità è nata con loro: scrivere musica indipendente, che fosse punk e hardcore, ma anche un po’ pop e melodico. Sicuramente proveniamo anche da lì.
Come funziona il vostro processo creativo? è una cosa collaborativa? Di che cosa parlano i vostri testi? Berlino vi ha ispirati sia sotto il profilo musicale che per i testi?
Di solito iniziamo da soli e poi lavoriamo insieme sulle canzoni quando c’è già un’idea e una direzione. A volte capita che facciamo solo qualche jam e poi speriamo che le cose funzionino. I testi sono per lo più quello che definirei un “approccio umoristico / sarcastico su questioni catastrofiche”. Quindi canzoni sui lati più oscuri della mente umana, ma in una chiave maggiore. Berlino ci ha influenzato parecchio perchè è una grande città e quindi siamo stati tutti esposti a molte cose diverse in giovane età , ma questo è tutto.
Vedo che entrambi i vostri dischi vengono pubblicati anche in vinile: cosa ne pensate di quel formato? Collezionate vinili?
Siamo tutti appassionati di opere d’arte e musica e di come funzionano insieme. Il vinile può essere un’esperienza molto olistica, quasi rituale. Tutto è così grande e ti arriva in faccia e ci vuole tempo per creare tutti questi passaggi fino a quando la musica finalmente suona. è come il tè dei media musicali. Soprattutto,però, facciamo come la maggior parte delle persone e ascoltiamo la musica in streaming. Compriamo il vinile quando pensiamo che un disco sia molto bello da volerlo tenere.
Il mondo è cambiato negli ultimi mesi a causa della pandemia e anche della musica dal vivo ha bisogno – almeno per un po’ – di cambiare. Avete suonato in streaming live di recente? Cosa ne pensate del futuro degli spettacoli dal vivo?
Abbiamo suonato un paio di spettacoli in streaming ed è stata un’esperienza interessante, ma pensare che sarà così ancora per molto tempo ci fa riflettere. Il pubblico, il sudore e i lividi sono una parte così importante del fare musica, almeno per noi … è difficile accettare questa forma virtuale. Sicuramente può essere bello, non c’è dubbio. Ed è l’unica cosa che funziona in questo momento, ma mentiremmo se dicessimo che potremmo fare a meno di tornare a come eravamo prima.
Un’ultima domanda: per favore potete scegliere una delle vostre canzoni, vecchia o nuova, da usaere come colonna sonora di questa intervista?
Scegliamo “Hell”, il nostro ultimo singolo.
Photo Credit: Max Hartmann