Ci vuole grande abilità per tenersi in piedi sul fragile equilibrio che separa la comicità dalla risata da cinepanettone, l’ironia dal cinismo, la riflessione dalla posa; ecco, Tuma – al ritorno sulla scena dopo le belle conferme dei tre precedenti release – dimostra di avere un’ottima capacità nel gestire la gravità di un baricentro spostato sì verso il basso (attraverso un linguaggio semplice, e sonorità accattivanti), ma con scienza e precisa consapevolezza.
Attraverso la patina gaetaniana di “Mi piacerebbe evitare #2” trasuda (in maniera spontanea, naturale, fisiologica) tanta politica, nel senso più alto del termine; Tuma racconta con la spensieratezza grave di un novello Rigoletto le parabole di una società assurda, in isterica trasformazione attorno all’asse dei suoi paradossi: il linguaggio è quello del popolo – perchè al popolo Tuma vuole parlare e al popolo sente di appartenere -, e sta tutta qui la chiave rivoluzionaria di un testo che si fa portatore di senso e di significato, senza adagiarsi sul piglio della sterile irriverenza.
Il risultato è una riuscita alchimia di direzioni ostinate e contrarie: la testa che impara il linguaggio della pancia per tornare a muovere il corpo, senza smettere di pensare. Adesso, naturalmente, non ci si può che aspettare l’uscita di un disco; i singoli, non ci bastano più.