Io vorrei tanto che Mike Kinsella fosse mio amico. Gli vorrei telefonare e dirgli che anche oggi è riuscito a farmi piangere, lo vorrei abbracciare e chiedergli come fa a mettere in musica malinconia e tristezza eppure riesce a strapparmi un sorriso agrodolce, perchè sa pure essere ironico sulle difficoltà e i casini della vita. Io Mike Kinsella lo vorrei al bar con me, a chiedergli consigli, a chiedergli un aiuto quando sto di merda, a parlare con lui di sport, di donne, di politica. Che almeno mi dicesse come fa a scrivere delle cose così emotivamente devastanti e a restare sempre umile e pacato. E invece io e Mike siamo lontani, non ci conosciamo eppure a volte mi sembra di conoscerlo da sempre e mi immagino che certe canzoni le abbia scritte solo per me.
Si Mike, io ascolto i tuoi dischi e mi chiedo, ogni volta, come sia possibile avere la pelle d’oca di fronte a tanto candore. Candore sul dizionario significa “bianchezza immacolata e splendente”, ecco credo davvero che questo sia il termine per descrivere l’immensità della musica di Kinsella e del suo progetto Owen, che, album dopo album continua a toccare nuove vette di magnificenza. Non aspettatevi stravolgimenti nel suono, ma sicuramente lasciatemi dire che il sodalizio con Sean Carey alla produzione, beh, da sempre di più dei frutti prelibatissimi.
Quello che stupisce è la semplicità estrema con cui Kinsella mescola la freddezza e il vuoto del sentirsi giù, con il calore avviluppante di melodie senza tempo. Ancora una volta quello che vince nella musica di Owen sono i dettagli, i piccoli particoliari più intimi che si notano ascolto dopo ascolto, mentre la voce e la chitarra (la base acustica è ben presente in questo disco) ci cullano, ci accarezzano e ci invitano a respirare ossigeno raramente così puro. Sobrietà , sempre, ma non minimalismo, attenzione. Arrangiamenti sempre curati, in modo che ogni strumento (dal piano, agli archi, alla chitarra, ovviamente) abbia spazi, tempi e caratura superiore.
“The Avalanche” è il primo disco di Kinsella dopo il nuovo album degli American Football (“LP3”, 2019) e dimostra come la sua ispirazione sia, a tutt’oggi, a livelli altissimi. Non ho paura a definire l’album come una vera e propria opera d’arte, dipinta da un artista che sa tratteggiare veramente quello che si nasconde nell’animo e nel cuore degli uomini (parlando per lo più di sè stesso!) e lo fa con una grazia che lascia incantati e con una facilità e accortezza melodica che brilla per tutti i 9 brani. Se devo citare una canzone mi permetto di farlo con “The Contours”, a mio avviso uno dei brani più belli dell’intera discografia di Owen: una lezione di stile, di misura e di equilibrio che mi lascia senza fiato.
Non saremo amici Mike, ma ti voglio tanto, ma tanto bene. Grazie per simili capolavori.