BOOM! Che disco signori e signore. Daniel Monkman è un talento che abbiamo imparato a conoscere nel corso di questi mesi, con le prime anticipazioni da questo suo album d’esordio. Ai nostri occhi si dischiudeva un fatato mondo shoegaze, ricco di suggestioni e riverberi, in grado di invogliarci a chiudere gli occhi per farci letteralmente planare senza toccare mai terra.
Daniel è stato letteralmente salvato dallo shoegaze dopo una gioventù deciasamente complessa e che MBV e Slowdive facciano parte del suo DNA non è assolutamente un mistero. Lo si percepisce dai suoni, certo, da quel lavoro sulle chitarre che i maestri Kevin e Neil non potrebbero che apprezzare, ma lo si evince anche dall’attiutudine, da quel senso di liberazione, di trasporto e coinvolgimento che libera la nostra mente dagli altri pensieri. Guardarsi le scarpe (o i mocassini, come dice Daniel) non è solo un fattore estetico, è proprio quella capacità di focalizzarsi su un momento, su un attimo che diventa infinito, per perdersi in quel mare e dimenticare il resto.
Tutto questo nel disco di di Zoon succede. Sia nei momenti più classicamente MBV come “Vibrant Colours”, sia in splendidi frangenti in cui emerge una carica ipnotica e ricca di fascino suggestivo (facile nominare “Was & Always Be” che riprende le tradizioni dei popoli indigeni del Canada e ci cattura con senso quasi primitivo, puro e incontaminato, ma in realtà in questo senso a brillare è la magia liquida di “Light Prism”). “Bleached Wavves” ci conduce in un mare di placido e assoluto riverbero che lascia senza fiato, mentre “Brokenhead” ci porta alla mente quasi i Doves. Il finale è pazzesco. La doppietta “Landscapes” / “Help Me Understand” ci sconvolge. La prima incalza e lavora sul ritmo, mentre la seconda va a toccare ancora (e in modo superlativo) quello spazio tribale e indigeno di cui parlavamo prima, con un lavoro magistrale su piano/forte e su una incredibile carica ipnotica, che ci cattura completamente.
Che bel disco, davvero un gran bel disco!