Una storia d’amore può anche essere l’occasione per formare una band. Marina Tadic la conosciamo per il suo lavoro negli Eerie Wanda, la band dove l’artista olandese-croata ci ammalia con la sua dolcissima voce, lisergica, “dreamy”, pregna di mistero e leggerezza. L’altro protagonista della love story è Adam Harding che con il suo progetto Dumb Numbers viaggia attraverso universi musicali molto più pesanti (doom, heavy metal e via dicendo). Dall’incontro di questi due generi così divergenti nascono i Kidbug e il loro omonimo album. Si aggiungono a completare il gruppo Bobb Bruno (basso) dei Best Coast e Thor Harris (batteria) degli Swans.
Il classico fruscio delle frequenze radio che si sovrappongono tra una stazione e l’altra sono il primo respiro dell’album. E’ il momento confuso che precede l’ingresso nel mondo dei Kidbug. “Now Let’s Go To Sleep” avrebbe potuto essere il perfetto brano di chiusura (e non solo per il titolo) ma la delicatezza della voce di Marina accompagnata dal sovrapporsi di due chitarre grasse, con un suono che ricorda un organo a canne, ci ipnotizza. Iniziare con “Moonglue”, la loro prima canzone scritta e registrata, avrebbe avuto senza dubbio un significato simbolico diverso ma questa scelta è micidiale perchè “Now Let’s Go To Sleep” è il preludio a “Lovesick”, un pezzo che arriva dritto a ogni nostra cellula e non fatica più di tanto a convincerti a rimanere e assistere allo spettacolo sino ai titoli di coda.
Ci imbattiamo così negli echi di “Good Inside” che sfociano nel sognante ritornello. Lo shoegaze dalle tinte pop di “Never”. La lisergica “Woozy” con il finale sbeffeggiante che introduce “Theme from Kidbug” con il contrasto tra versi e ritornello e la voce che gioca con il riff della chitarra, sempre accattivante. La sorniona “Together”, la chitarra è pesante e allo stesso tempo solenne e ci porta a conoscere una coppia di pezzi dalle atmosfere orientali: “Stay e “Yesterdays”. L’album si chiude con “Dreamy” con Dave Croler ospite alla batteria che scorazza per il brano a spianare il terreno alle chitarre che trovano lo spazio per infierire, come liberate dalla catene che la voce della Tadic aveva legato intorno a loro per bloccarne l’esuberanza.
Punti deboli? Non ce ne sono. Kidbug è l’album giusto al momento giusto.