Non erano certo più dei giovanissimi i Baustelle ai giorni del loro esordio. E non erano nemmeno il terzetto di adesso, in quanto Fabrizio Massara, polistrumentista e factotum calabrese, fece conoscenza di Francesco Bianconi a Siena durante gli anni dell’Università , per poi entrare in pianta stabile del gruppo (e quindi lasciarlo qualche anno dopo per divergenze artistiche).

I componenti avevano ognuno le proprie inclinazioni, ed i propri gusti: Bianconi flirtava con il cantautorato raffinato e l’agrodolce poesia, con richiami evidenti alla chanson d’oltralpe e a maestri come Serge Gainsbourg, Massara con la sperimentazione sonora, i synth, fuori dallo schema della pop-rock band più scolastica, anche se erano evidenti gli agganci ad una certa new wave maggiormente sofisticata, la più giovane Rachele Bastreghi, dolce e sensuale la sua voce, metteva in mostra un amore per sonorità  anni ’70, tra un pianoforte di morriconiana ispirazione e il rock d’autore più irrequieto, Claudio Brasini tirava nervi e muscoli con la sua chitarra trainante che strizzava l’occhio al rock più melodico come a quello più duro e balordo.

Un’alchimia che si addensò in questo primo lavoro, “Sussidiario Illustrato della Giovinezza”: dal gusto rètro, tra sonorità  elettrolitiche tessute con chiari rimandi a decenni andati, che Bianconi riempie con la propria scrittura, ed agganci tra un maledetto Baudelaire e un Jarvis Cocker al top della forma, al quale lo stesso cantante cerca disperatamente di somigliare, spesso, troppo spesso, copiandone sia la livrea (outfit, movenze, ma pure la copertina del disco) che i contenuti artistici: testare per credere i match tra “La Canzone del Parco” e “The Trees”, “La Canzone del Riformatorio” e “Common People”/”Disco 2000” (mentre in “Martina” l’intro di chitarra non paga dazio ai DEVO), gli andamenti sonici che portano indietro nel tempo, tra esistenzialismo decadente e a momenti perverso, pulsioni erotiche adolescenziali e quel crudo disagio che solo la provincia (quella “cronica“, diranno più avanti) può lasciarti addosso. Senza per questo non essere dannatamente pop, per quanto gli arnesi di lavoro gli conferiscano quella patina lo-fi e polverosa che verrà  tirata invece a lucido coi lavori successivi. Il citazionismo più o meno colto di Bianconi, che spazia da Verlaine a Bianciardi, fa il resto, tratteggiando scenari immaginari che ognuno può fare un po’ suoi, diapositive sbiadite che riportano però alla mente impulsi dei più vividi.

L’album accenderà  pian piano i riflettori sui Baustelle (e “Gomma”, peraltro, è ancora uno dei brani più amati nei live) che già  dal successivo “La Moda Del Lento” catalizzeranno esponenzialmente l’attenzione degli addetti ai lavori (e delle majors). D’altronde, per dirla con Lavoisier, “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma“: serve solo saperci fare, nel modo giusto al momento giusto.

 

Baustelle – Sussidiario Illustrato della Giovinezza
Data di Pubblicazione: 1 Luglio 2000
Etichetta: Baracca&Burattini
Tracce: 10
Durata: 55:30
Produttore: Baustelle, Amerigo Verardi, Paolo Bedini, Roberto Trinci, Paolo Corsi
Tracklist
1. Le Vacanze dell’Ottantatrè
2. Martina
3. Sadik
4. Noi Bambine Non Abbiamo Scelta
5. Gomma
6. La Canzone del Parco
7. La Canzone del Riformatorio
8. Cinecittà 
9. Io e Te nell’Appartamento
10. Il Musichiere 999