Tornano i mariachi del groove texani dopo l’ottimo “Con Todo El Mundo”, e lo fanno dimostrano un invidiabile stato di forma confermato peraltro dall’ultimo lavoro con Leon Bridges, “Texas Sun”.
I Khruangbin in poco tempo si sono imposti come una delle offerte più sfiziose del panorama musicale alternativo e questo “Mordechai” potrebbe rappresentare a tutti gli effetti il definitivo salto di qualità per Laura Lee e sodali.
Va subito messo in chiaro che le attese non sono state affatto deluse, tempo di premere play e veniamo difatti immersi nel mondo psichedelico, funky e contagiosissimo che rende inconfondibile il trio di Houston, e quasi subito con la già diffusa “Time (You And I)” ci siamo dentro testa e corpo: ritmi pulsanti, rilassanti quanto trascinanti, con Mark Speer che ricama con la sua fidata Fender, mentre Donald “DJ” Johnson e Laura Lee trovano la sezione ritmica perfetta ed un ritornello che entra in testa immediatamente.
Aromi soul, funk, lounge condiscono l’incedere anche quando il passo è più compassato ed easy listening (“Connassais de Face”, “If There Is No Question”, o l’opener “First Class”) e il sapore spazia con gusto fusion tra impulsi 60’s, 70’s e 80’s senza perdere di tratto distintivo: questo è il giro del mondo volando insieme ai Khruangbin (che in lingua thai, del resto, non significa altro che “aeroplano”).
La propulsione da torcida di “Pelota”, altro singolo già reso pubblico prima dell’uscita, è senza dubbio uno dei momenti che restano, e resteranno, più impressi nella mente di tutto il lavoro, dove ogni componente trova modo di mettersi in mostra, accompagnato da una melodia semplice, esotica quanto efficace: sono infatti le parti vocali, molto più presenti che in passato, per quanto non ricerchino soluzioni d’effetto, ad essere novità e vero valore aggiunto, e questo non potrà che ampliare la pletora di ascoltatori e rendere i Khruangbin ancora più edibili.
Lo zenith d’altronde si raggiunge con “We Won’t Forget”, l’altra punta del tridente delle anticipazioni, che pulsa ipnotica solarità ed è arricchita dal ritornello della Lee che dire catchy è dire poco, mentre Speer spumeggiante orna la rotta con le sue stelle filanti.
“Mordechai” ci consegna la conferma del talento e dello stato di grazia della band texana, con la sensazione che la stessa possa diventare a stretto giro punto di riferimento e benchmark per possibili nuove leve, eleggendo de facto i Khruangbin a realtà delle più interessanti e concrete dei giorni nostri.
Photo: Tamsin Isaacs