Diamo il bentornato ai simpatici Beths di Auckland che danno un seguito al piacevolissimo esordio di due anni fa. Il quartetto cambia un po’ le carte in tavola e decide di dare un freno alle chitarre power (punk) – pop di “Future Me Hates Me”. Anche nei contenuti lirici la band ci pare più ottimista e aperta all’esterno, meno incentrata alle ansie e ai dubbi personali che sanno tanto di adolescenza. Possiamo quindi dire che i ragazzi sono maturati? Beh, perchè no, non è certo una bestemmia.
Sta di fatto che il sound si è fatto più pulito (produzione molto attenta in questo senso), i giri del motore si sanno anche abbassare (anzi le ballate sembrano quasi essere i punti di forza del disco) e quel loro gusto a metà tra ’60 e ’90 (marchio di fabbrica della band) non si concentra solo sul lato ruvido, ma mette in luce (oltre all’innato gusto melodico sempre presente) una predisposizione molto curata a spigoli più arrotondati e meno sonici.
Morale della favola, i Beths restano un gruppo assolutamente piacevole anche in una veste che potremmo definire più misurata, ma non per questo meno accattivante.