“You Had Me At Goodbye”, il quinto album di Samantha Crain, era uscito nel marzo del 2017 e da allora per la musicista di origini Choctaw dell’Oklahoma sono cambiate alcune cose, tra cui la firma per la Real Kind Records, la nuova etichetta fondata da Lucy Rose, che l’ha fortemente voluta tra i primi artisti del suo roster.
In questi anni la trentaquattrenne statunitense ha dovuto combattere contro i suoi problemi, andare in terapia, prendere medicine, stare a letto (a causa di alcuni incidenti d’auto) e litigare, ma la pubblicazione di questo nuovo lavoro segna probabilmente una sua vittoria contro questo periodo doloroso: registrato al Lunar Manor Studio di Oklahoma City nella primavera dello scorso anno, questo sesto disco è stato prodotto dalla stessa Crain.
Il primo passo verso la ripresa è stata proprio la opening-track “An Echo”, che parla della sua relazione con la madre, che ha passato alcuni anni in prigione: un arrangiamento minimale accompagna invece forti sensazioni emotive a cui si aggiungono la pedal-steel, che rende il suono più aperto e sconfinato, e alcune armonie vocali. Al centro di tutto, però, rimangono le doti vocali di Samantha che sanno descrivere sapientemente i sentimenti da lei raccontati.
La successiva “Pastime”, che riflette sui suoi errori del passato, ha influenze indie-rock, ma anche un gustoso sapore pop nel suo coro, non perdendo mai quel suo lato passionale e intenso, che caratterizza spesso le composizioni della Crain.
Molto interessante e probabilmente la nostra preferita di questo “A Small Death”, “Garden Dove”, con la sua chitarra grunge e oscura, non solo sa emozionarci profondamente, ma ““ grazie all’aggiunta del sax ““ riesce a creare un suono molto ricco, caldo e assolutamente non scontato.
“Reunion”, invece, narra il suo incontro con i vecchi compagni della high school: mentre piano, pedal-steel e sax svolgono tutti un ruolo importante nell’economia del sound del brano, sono ancora una volta i vocals di Samantha a toccarci profondamente.
Pura delizia minimalista, “Tough For You” ci regala momenti di rara intimità con i suoi semplici arpeggi di chitarra, mentre “When We Remain” è una bella ballata in lingua Choctaw, che segna probabilmente il forte legame con le sue origini indiane.
Un ritorno alla vita e alla normalità dopo un periodo molto duro per Samantha e una nuova partenza che vuole mandare segnali positivi e cercare la luce nel futuro con intelligenza e buone capacità : siamo sicuri che la musicista dell’Oklahoma possa ancora scrivere tante nuove belle pagine negli anni a venire e intanto gustiamoci con grande piacere questa perla di nome “A Small Death”.
Photo Credit: Joanna Grace Babborts