“Death by misadventure“, così le autorità definirono la tragica morte di Bon Scott. Era una fredda notte di Febbraio e la band australiana si ritrovò, improvvisamente, senza il suo carismatico cantante. Gli AC / DC, però, erano un’idea che andava oltre la semplice band o la creazione di un disco di successo, erano una creatura vivente, con un proprio corpo ed una propria anima, intrisa di riff selvaggi e rumorosi, erano un modo di rapportarsi alla vita, di stringerla forte e di guardare in faccia alla morte senza alcun timore, erano qualcosa che non sarebbe mai finito per una drammatica disavventura. Ciò spinse i fratelli Young a non arrendersi, ma ad iniziare subito quelle audizioni che li portarono a intrecciare il proprio cammino con quello di un cantante di Newcastle: Brian Jhonson.
“Back In Black“, nacque come un omaggio a Bon, ma fu subito evidente che quel disco era molto di più, qualcosa che sarebbe rimasto scolpito nel cuore di tutti gli amanti del rock. Aveva in sè il tocco gelido, inatteso e sfuggente della Morte; era pieno di immagini e sapori dei bei tempi andati, dell’immediatezza, della semplicità e della potenza dell’hard-rock più irriverente e dannato, mescolato ad un approccio all’esistenza irriguardoso ed apparentemente strafottente, ma che, in realtà , era semplicemente più consapevole, più disinvolto, più diretto, più veritiero, più deciso a prendersi tutto e subito, senza perdere nemmeno un briciolo della propria sensibilità umana ed artistica, senza alcuna remora a percorrere strade alternative: a lasciarsi trasportare dal blues più polveroso e dolente o ad abbracciare le sognanti melodie pop, radiofoniche ed accattivanti, che stavano penetrando nel nuovo decennio.
Sono le campane infernali di “Hells Bells” ad aprire l’album, mentre un cielo oscuro vomita i suoi improvvisi lampi sulla Terra e la pioggia cade imperterrita tutt’intorno a noi, quasi a volerci rammentare che, per quanto ci affanniamo, per quanto ci sforziamo a migliorare il nostro futuro e a prevedere ciò che potrebbe accadere domani, tra un mese o magari tra un anno, invece, è tutto così fragile, tutto così passeggero, tutto così temporaneo ed imprevedibile. I toni si fanno più ariosi e leggeri con la successiva “Shoot To Thrill” piena di carnali e sfrontate sonorità heavy blues, mentre “Given The Dog A Bone” si trasforma in un inno eterno alla malizia e alla passionalità , che deve poter esser finalmente libera di esprimersi in qualsiasi forma ci possa dar piacere e ci faccia stare bene. Il modo migliore per celebrare la perdita di un amico, per gli AC/DC, è celebrare la vita, ogni suo singolo respiro: è questa l’essenza di questo disco e della canzone omonima. Una vita celebrata proprio attraverso i suoi ritmi frenetici, i suoi impeti travolgenti, i suoi inattesi e caotici ritorni, le sue fughe, i suoi addii, le sue derive più autolesioniste e distruttive, senza più preoccuparsi di ciò che ci attende oltre, dell’inferno che sta brucia o ghiacciando, perchè l’unica cosa che conta a questo mondo, in fondo, è che il rock ‘n’ roll non morirà mai. Mai.
Pubblicazione: 25 luglio 1980
Durata: 41:31
Dischi: 1
Tracce: 10
Genere: Hard Rock
Etichetta: Atco Records
Produttore: Robert John “Mutt” Lange
Registrazione: aprile-maggio 1980
1.Hells Bells ““ 5:13
2.Shoot to Thrill ““ 5:18
3.What Do You Do for Money Honey ““ 3:36
4.Given the Dog a Bone ““ 3:32
5.Let Me Put My Love Into You ““ 4:15
6.Back in Black ““ 4:16
7.You Shook Me All Night Long ““ 3:30
8.Have a Drink on Me ““ 3:59
9.Shake a Leg ““ 4:06
10.Rock and Roll Ain’t Noise Pollution ““ 4:15