Arrivati alla quinta stagione di “Better Call Saul” e dunque quasi al suo congedo (la sesta e ultima stagione andrà in onda nel 2021), due cose sono certe.
La prima è che la crescita di questa serie è stata costante e inesorabile. Se nelle prime due stagioni il debito nei confronti di “Breaking Bad” era molto grosso e i momenti migliori erano quelli in cui lo spettatore incontrava, debitamente centellinate, vecchie conoscenze, dalla terza in poi il coinvolgimento dello spettatore nelle vicende dei nuovi personaggi è stato totale e abbacinante.
La seconda è che “Better Call Saul” non ha nulla da invidiare a “Breaking Bad”. Alcuni addirittura scrivono che questo Spin Off sia migliore della serie madre, io dico che sono sullo stesso livello e che il confronto non ha senso. Le due serie condividono personaggi e ambientazioni, ma sono profondamente diverse. “Better Call Saul” è per certi versi più matura, ponderata e oscura. Si prende i suoi tempi nel mostrare il passaggio dei personaggi al “lato oscuro“, nel farso assume tratti addirittura psicoanalitici, mentre invece la trasformazione di Walt fu più rocambolesca e travolgente.
Riguardo alla quinta stagione va detto che è probabilmente la migliore insieme alla terza. In particolare la seconda parte, che non ti lascia tirare il fiato, sia sul versante Mike (da sempre quello di preparazione agli scenari di “Breaking Bad”) che su quello Saul, dove Saul è finalmente Saul full time e Kim conferma con la sua profondità di essere uno dei personaggi femminili più belli, controversi, e proprio per questo adorabili, della storia delle Serie Tv. Non so come sparirà alla fine della sesta stagione, ma in qualunque modo accada farà male.
Ottimo e irresistibile il villain di turno Lalo Salamanca, pazzo e imprevedibile, ma anche fottutamente intelligente e charmant. Riprova finale che anche i personaggi originali di “Better Call Saul” sono incredibilmente ben scritti.
Adesso c’è da armarsi di pazienza e aspettare la sesta stagione, ma, per quanto mi riguarda, già arde il desiderio di vedere Gilligan a lavoro su un nuovo universo o magari un film per il cinema.