Questa è la storia di una piccola persona che vive la sua piccola vita, alla ricerca di una seconda piccola persona che la comprenda. Il nome del nostro protagonista? Matt Maltese. Il titolo della nostra storia? “Madhouse”.

Non è la prima volta che si sente parlare del cantautore italo-inglese cresciuto a pane e Leonard Cohen. La sua assenza, però, si è fatta decisamente sentire: ed ecco che rimedia con il suo nuovo EP, uscito il 7 agosto. Dopo gli album “Bad Contestant” e “Krystal”, Maltese è infatti tornato alla ribalta con un disco molto interessante, che non si prende troppo seriamente ma ha comunque grande dignità .

Sei brani che sanno d’amore, solitudine e introspezione: per scoprire meglio “madhouse” e il suo autore, ci siamo fatti una bella chiacchierata con Matt.

Ciao Matt, prima di tutto grazie mille per la tua disponibilità . Partiamo dal tuo ultimo EP, “madhouse”. Potresti descriverci il processo creativo che vi è dietro?  

Sì, certo. è stato creato in un grande lasso di tempo: un paio di canzoni sono state composte anche prima di “Krystal” (2019), altre molto più in avanti. Nel complesso, ricopre circa due anni di tempo. Tenevo infatti molto a quei brani, ma non trovavo il momento giusto per farli uscire. Direi quindi che l’aggettivo perfetto per descrivere “madhouse” sia “sparpagliato”: non è, in un certo senso, “isolato” come i miei precedenti album. Questi descrivono due o tre mesi specifici della mia vita. “Madhouse” è invece più fatto di istantanee, di momenti.

Ho notato che sia il titolo dell’EP, sia quello dei brani che ne fanno parte, sono tutti in minuscolo. C’è un motivo dietro a questa scelta?

Non c’è un vero e proprio motivo, volevo che sembrasse un po’ più sobrio, sottovalutato rispetto a un album ““ dato che è un EP. è una scelta molto piccola, non ci ho pensato molto su a dir la verità .

C’è un messaggio specifico che vuoi mandare (con “madhouse”)?

Non so di preciso, penso sia un disco alle prese con la solitudine, un viaggio tra amore e qualsiasi cosa sia la felicità . Credo che l’unica cosa che voglio (e spero) di fare è di far connettere le persone, magari di farle sentire meno sole, far pensare loro di non essere così strane come potrebbero pensare di essere. Penso quindi che sì, aiutare le persone sia l’unico scopo del disco.

Potremmo dire che la tua musica è fatta di ricordi, amore e nostalgia. Qual è il ricordo più felice legato alla tua carriera musicale?

Buona domanda. Penso spesso che i ricordi legati alle serate live siano molto speciali. Soprattutto suonando dove vivo qui, a Londra. Quelle notti sono state incredibilmente speciali per me, riesci a sentire la connessione tra te e il pubblico lì davanti. Penso sia un po’ anche una sorta di conferma e apprezzamento del tuo lavoro: vai e inizi una carriera del genere, ti ritrovi a fare un concerto e non siete più solo tu e i tuoi amici ad ascoltarti, e questo significa un sacco! Ci sono molti ricordi del genere, penso però che sia difficile dire quale sia il più importante, ad esempio ci sono anche momenti nella registrazione che ricorderò per sempre.

E siccome la tua musica è molto personale, quanto credi di provare a distanziare la tua vita reale dalla tua musica?

è una domanda difficile, non so davvero la risposta: penso che le due dimensioni siano molto intrecciate, a causa del modo in cui scrivo. Cerco di mettere sempre il 100% di verità  riguardo le mie esperienze in una canzone, ma poi devo aggiustare le rime, rendere la canzone orecchiabile, far entrare tutto in quei 2-3 minuti, quindi non so quanto di tutto questo possa essere personale. Direi solo che le due cose sono molto collegate, e penso di averne davvero bisogno. Ho bisogno della scrittura, però neanche la musica potrebbe esserci, senza la mia vita.

Parlando della scrittura di un brano, a quale parte dai di solito la priorità ? La melodia o il testo?

Direi che è sempre un po’ un 50 e 50, perchè il testo è in genere più importante per me, ma se non è in sintonia con la melodia non va. Quindi penso che ognuna provi a superare l’altra. Penso forse che il testo sia la parte più importante per me, forse perchè è quella a cui faccio più attenzione, però la melodia deve essere buona prima di tutto.

Farai altre versioni in italiano delle tue canzoni? Quella di “Tokyo” non è affatto male.

Lo spero, ho sempre voluto fare un EP in italiano! Ho un po’ di versioni italiane delle mie canzoni, volevo anche realizzare una cover di questo brano stupendo, “Eternamente” di Nilla Pizzi. Però sì, vorrei cantare più canzoni in italiano, non so quanto sia buono il mio accento (dato che il mio è molto inglese), quindi non so quanto dovrei continuare a farlo. Contento però di averlo fatto con “Tokyo“!

Qual è stata la canzone più difficile da creare? E quella più facile? (Quella che è uscita in maniera più naturale)

Direi che di solito le canzoni che creo più difficilmente non sono molto buone, quindi tendo a non pubblicarle. Ci sono molte canzoni su cui ho lavorato per anni ma semplicemente non vanno, quindi direi che sia una sorta di prerequisito che escano “più facilmente”. Se parliamo di album, penso che “Krystal” mi sia sembrato il più semplice da fare. Era un periodo in cui scrivevo così tante canzoni riguardo ogni sorta di situazione, e questa non è sembrata per nulla la parte peggiore. Al massimo è stata dura finire le canzoni, la produzione e il resto, ma la scrittura di “Krystal” è stata molto naturale, come se non potessi fermarla.

Parliamo di un tuo vecchio brano, “Human Remains”. In questo pezzo, dici “I love my pets more than you”, poi ho notato che in “sad dream” canti “You’d grown to love all of your pets more than me“. Sembra che ci sia una connessione tra le due canzoni (pur facendo parte di dischi diversi).

Sì, in realtà  parlano della stessa situazione. Entrambe le canzoni sono state scritte nello stesso periodo (perchè “sad dream” è stata scritta ai tempi di “Krystal”) e avevo più o meno questo stesso verso, quindi pensavo di scamparmela descrivendo la stessa situazione ma da punti di vista diversi. Sapevo che un po’ di gente l’avrebbe notato, spero di non sembrare pigro. (ride)

Un’altra canzone di cui vorrei parlare è “Comic Life”. Qui, tu sembri descrivere la vita di una persona che non vive per davvero, dato che “everything’s going on outside”.  Pensi che sia inevitabile non essere protagonisti della propria vita?  

Direi che a volte è proprio salutare lasciare che le cose ti accadano e non avere controllo su di esse, ma allo stesso tempo devi riconoscere che c’è molto che tu possa fare come persona, per cambiare la tua vita e quella degli altri. Servirebbe un sano equilibrio tra le due cose, in modo da arrivare a un’esistenza più tranquilla. Quest’equilibrio però penso sia molto difficile da ottenere, spesso ci preoccupiamo e stiamo dietro a cose che andranno in un certo modo a prescindere da quello che vogliamo.

Allo stesso tempo, però, puoi perdere molte occasioni solo perchè pensi che non sia sotto il tuo controllo. Direi che la “vita comica” non è l’unico modo in cui dovremmo vivere, ma a volte mi sembra che sia come in quella canzone, in cui le cose succedono senza che tu abbia un controllo su di esse.  Penso che dipenda anche dai periodi della tua vita.

Sempre riguardo “Comic Life”, c’è questo verso che fa “If you don’t go out today / How’re you meant to write your sad songs?”.  Mi chiedevo, si riferisce a te? Anche tu ti ispiri da tutto ciò che accade intorno a te?

Sì, penso che quel verso serva a prendermi un po’ in giro, soprattutto in un periodo della mia vita in cui ero particolarmente cinico riguardo la mia stessa esistenza da cantautore. Pensavo di dover vivere delle esperienze solo per poterle mettere in una canzone, ma non credo che sia così. è una carriera molto legata alla tua vita, ma che non influisce sul modo in cui vivo. Quindi sì, penso che nel brano fosse una terza persona a parlare di me.

Pensi quindi che la tua musica rifletta le tue radici e l’ambiente in cui sei cresciuto?

Sì, credo di sì. Credo che ricordi molto la musica che i miei genitori mettevano su quand’ero piccolo. I miei genitori sono canadesi, i genitori di mio padre sono italiani. Penso che culturalmente i canadesi e gli americani siano abbastanza divertenti, dolci e sciocchi (ovviamente a volte, non intendo generalizzare). Gli italiani invece sono più passionali, in un certo senso provano emozioni più forti, le esprimono di più, e io penso di avere queste qualità , e quindi di rispecchiarle nella mia musica. Non mi piace molto nascondere i miei sentimenti, ho difficoltà  a farlo. Penso che i britannici siano invece molto bravi in questo.

Parlando  degli inglesi, c’è qualche artista che ti affascina e ispira particolarmente? Sia per quanto riguarda la scena musicale inglese che quella italiana.

Buona domanda! Per quanto riguarda la scena italiana ascolto molte canzoni popolari un po’ vecchie, che mia nonna mi cantava. Per quanto riguarda invece il mondo inglese (e non solo britannico) seguo molti vecchi cantanti americani ““ ne parlo spesso, come Leonard Cohen. Quindi direi che ho gusti un po’ sparsi, non ascolto molti artisti emergenti (come invece facevo prima), cosa che invece vorrei fare volentieri. Però sì, ascolto un sacco di “vecchia” musica.

Hai in programma di andare in tour, quando finirà  la situazione attuale? C’è qualche possibilità  per una data italiana?

Vorrei tantissimo suonare in Italia! Non so quante persone mi ascoltino lì in realtà , però se lì ci fosse un promoter che vorrebbe farmi fare una data mi piacerebbe davvero. Ho sicuramente in programma di tornare in tour e di suonare in Europa, andrò dovunque mi vogliano. Penso che dopo la pandemia mi piacerebbe stare in tour per sei mesi, perchè mi manca moltissimo. Quindi sì, lo spero!

https://www.facebook.com/MattMaltesemusic/videos/324788382003549/

Photo:  Ufficio stampa Ja La Media Activities