“Questa gente ha già provato ad uccidermi una volta, ora sono di nuovo qui e non mi farò da parte“. Non le manda a dire Bob Mould che arrivato all’album numero quattordici torna a sfoderare artigli chitarristici e rabbia. “Sunshine Rock” uscito l’anno scorso rappresentava il suo lato più ottimista (ne abbiamo parlato qui). “Blue Hearts” invece è figlio di questi ultimi dodici mesi e degli inquietanti paralleli tra il 1984 e il 2020 che l’ex frontman di Hà¼sker D༠e Sugar ha sintetizzato in poche ma chiarissime parole: “Leader carismatici sostenuti e stimolati da estremisti cattolici ignorano un’epidemia (HIV/AIDS) o dicono bugie a proposito di una pandemia (COVID19)“.
Concetti distillati in quattordici orecchiabilissimi brani di protesta prodotti da Beau Sorenson e registrati a Chicago nello studio di Steve Albini con Jon Wurster alla batteria e Jason Narducy al basso. Note che tornano su temi cari a Bob Mould: la libertà di essere se stessi, i diritti gay spesso calpestati, il cambiamento climatico, Chiesa, religione e politica. La chitarra acustica fa gli onori di casa nel folk combattente di “Heart on My Sleeve”, furiose scariche di adrenalina come “Next Generation”, “American Crisis” e “Fireball” danno un elettrico benvenuto.
Il ritmo si abbassa leggermente nel violento attacco anti ““ Trump chiamato “Forecast of Rain” per lasciar spazio a un testo tagliente. La successiva “When You Left” dimostra che “Blue Hearts” è un disco furioso indipendentemente dal tema trattato, personale o collettivo. Divertentissimi video psichedelici come quello di “Siberian Butterfly” con un luminoso Black Lives Matter finale, power pop fatto per essere suonato live (“Everyth!ng to You”, “Racing to the End”, “Little Pieces”) e onesti momenti autobiografici (“Leather Dreams”) confermano l’ottima forma di un musicista mai domo.
Un Bob Mould così non si sentiva da tempo. Sarcastico, irriverente e capace di giocare con melodia e rumore nella doppietta finale “Password to My Soul” ““ “The Ocean” racconta la crisi statunitense senza far sconti a nessuno. “Flyin’ The Flannel” (giusto per citare i fIREHOSE del coriaceo Mike Watt di cui si avverte lo spirito in quest’album) con o senza camicia ma col cuore saldamente in mano. Anzi cucito sulla manica.
Credit foto: Blake Little