“FLOTUS” è uno degli album più controversi dei Lambchop (ne avevamo parlato qui anni fa) ma ha certamente i suoi estimatori e tra questi possiamo annoverare Mattia Bergonzi degli emiliani My Gravity Girls che proprio ascoltando quell’avventura sonora di Kurt Wagner ha trovato nuovi stimoli e voglia di suonare. La svolta elettronica di “I Miss Something And Miss Everyone” segna la fine di un periodo difficile per la band, tra cambi di formazione e dubbi sul futuro fortunatamente superati grazie a questo disco che esce per la loro (neonata) etichetta.
Dodici brani che hanno in comune con “FLOTUS” il modo di comporre, che privilegia sintetizzatori (il Teenage Engineering OP1 tanto caro a Justin Vernon) e tastiere (la Roland TR 808). L’inizio quasi in sordina con la delicata “Intimacy” mette subito le carte in tavola: elettro pop sommesso e rarefatto, che senza rinunciare a momenti ambient presto si sposta in territori più ritmati al confine con la dark wave (“Forests”). “Daybreak”, non a caso scelto come singolo, rappresenta il lato più pop e orecchiabile di un disco che punta su sfumature sonore tenui e ritmi bassi.
Le chitarre acustiche di “Berlin”, il riverbero di “Blank Space” chiudono la prima metà di “I Miss Something And Miss Everyone” che da “Schitzophrenia” in poi cambia pelle puntando sui toni oscuri di “Family Life” e “Silver Lake”, mitigati dal sound sognante di “Five AM” e da due carezze elettro – acustiche nel finale: “May” con tanto di organo Farfisa e l’ Organelle suonato in “Ann”. Un ritorno raffinato ma forse fin troppo timoroso per una band che dopo il doppio “IRRELEVANT Pieces” sceglie di fermarsi a quaranta minuti scarsi e ripartire con un filo di malinconia.