L’avevamo lasciato una quarantena e mezzo fa (perchè si conta così, nel 2020, il tempo) alle prese con l’uscita di un singolo etereo – quanto la fluttuante presenza di Sabia – e la promessa di un disco che, oggi, ha rispettato e superato le aspettative.
E sia chiaro, non perchè le nostre (almeno, le mie personali) pretese non fossero alte, tutt’altro; il fatto è che “ANTIHYPE SUPERSTAR” rappresenta uno degli esordi più coraggiosi di quest’anno, e per questo motivo non potevamo esimerci dall’incontrare ancora il protagonista (quasi cristologico, ma nella versione musical anni Settanta) di un album che sa di manifesto, e allo stesso tempo di autobiografia. Ben contenti, quindi, di essere qui – di nuovo – con Sabia.
Sabia, ci siamo lasciati qualche mese con “Occhi d’Oceano”; oggi – ad un quarantena abbondante di distanza – ci ritroviamo con un disco che sa di manifesto. C’è qualcosa di quasi cristologico nella tua anti-hype superstar, e a me il tuo disco pare essere un chiaro guanto di sfida a tutto ciò che è hype, perchè fin troppo mainstream. Quanto mi allontano dalla realtà ?
No, guarda, è una giusta osservazione, alla fine ci sono vari concetti riferiti alla nostra socialità nel disco e il denominatore comune sta nel tracciare un perimetro tra essere persone ed essere individui, tra scegliere ed esser scelti.
Tutto il disco sembrava muoversi sul tracciato di un fil-rouge che collega insieme somme di paure, incomprensioni e drammi esistenziali che appartengono a tutti. La distanza tra gli individui, oggi più che mai, sembra essere tema di discussione quotidiana; quanto ha influenzato la tua scrittura, in qualche modo, il tema della solitudine, dell’incomunicabilità , delle distanze create dai non-detti?
Molto direi, mi piace passare del tempo in completa solitudine e spesso tendo a descrivere in maniera molto più completa certi concetti con la musica che in modi più tradizionali.
Ma i cattivi pensieri di Sabia, quali sono? E qual’è la tua più grande paura?
Sono una persona positiva, credo (?!), e tendo a vedere il famoso bicchiere mezzo pieno anche se molto spesso è vuoto; comunque non penso quasi mai a quale possa essere una mia grande paura, non saprei”… Probabilmente l’incomunicabilità ma anche un enorme Godzilla che spunta dalla collina.
“Lezione di Geografia” è, per me, il brano più bello di tutto il tuo disco. La tua omelia dovrebbe essere viatico per una rieducazione culturale che ci porti a riconcepire, in modo più umano, il concetto di radici, di appartenenza, di casa. Che cos’è “casa” per Sabia? E dove riesce davvero a sentirsi a casa?
“Casa” per me più che un luogo fisico è uno stato mentale, ho cambiato molte case, ma sempre con la musica a scandire l’andamento e forse è proprio in quel moto che mi trovo finalmente a casa.
Ma sai che riascoltando “Socialite” mi è venuto il dubbio che Sabia abbia predetto il dramma sociale del Covid? Ma siamo un pò cambiati, secondo te?
Più che cambiati, credo che siano emerse a livello collettivo paure ed inquietudini con le quali non ci siamo mai dovuti rapportare prima e questo ci fa cambiare in parte, certo.
La cosa strabiliante di “AntiHype Superstar” è il melpot riuscito di influenze diverse, che sembrano intrecciare Caparezza (come in “Ascolta e ripeti in silenzio”, dove arrivi quasi a “rappare”) a Colapesce o Dimartino passando per i Tame Impala e i Tears For Fears, ma sopratutto dal marchio, inossidabile e ben distinguibile, di Sabia. Ecco, se dovessi trovare le radici della tua scrittura dove le ricercheresti?
è un continuo momento di ricerca dove le radici, che possono affondare a ritroso nei Beatles, si rigenerano continuamente attraverso nuovi suoni, nuovi modi di interpretare e sperimentare con la voce, mettendosi sempre in discussione.
E se l’AntiHype Superstar finisse in playlist, cosa succederebbe? Insomma, se Sabia diventa mainstream e hype? Cambiamo il nome al disco?
Ahahah”… Ecco, quello sì che sarebbe un bel dilemma.
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Esce oggi Antihype Superstar, il mio primo disco. Un lavoro ed un viaggio lungo un anno che non mi avrebbe mai reso così orgoglioso del risultato finale senza questi meravigliosi pazzi che ho finalmente l’onore di ringraziare: @laclinicadischi Milo & Leo perchè siete una roba incredibile, vi voglio bene, fate bene alla musica e ne siete la parte più bella insieme a tutta la Big Family Giacomo Raffaelli e Thomas De Fondaumiere per le bellissime grafiche dei singoli e del disco @sonosoloduilio e @dianadavilafotografia per aver prestato il loro obiettivo e la loro arte riuscendo anche a dare una dignità al mio ghigno @valeton_music per darmi la possibilità di smanettare senza remore su un sacco di effetti e @salvaaddeo per gasarci sempre coi super master Ed infine voi, coi vostri messaggi, le vostre pagine, la vostra stima ed affetto, perchè tutto questo lavoro, pur essendo un discorso personale, sublima il senso solo quando ci siete voi Per tutto Grazie