Nel non molto lontano 2001, i Depeche Mode pubblicarono quello che fu considerato il loro primo grande flop, ossia il decimo album “Exciter”. Un disco piacevole, per carità , ma per molti fan si rivelò una delusione immensa: i toni del disco erano troppo soft, le atmosfere ruvide e violente ““ per cui era ormai conosciuto il gruppo ““ erano ormai soffuse e insipide, a tratti. Per alcuni fu una rivoluzione totale, per altri un mero tentativo di ricamare qualche ballad sulle orme degli U2.
Con questa premessa, non è difficile capire perchè non si avessero particolari aspettative sul disco seguente, “Playing The Angel”. I Depeche avrebbero continuato la via della sperimentazione estrema? Se sì, cosa si sarebbero inventati stavolta? Le aspettative erano più incerte che mai.
è il 13 ottobre 2005 quando milioni di ascoltatori s’innamorano di questo disco, colpiti violentemente già dal brano di apertura “A Pain That I’m Used To”. Il pezzo apre la strada all’album in maniera prepotente, la voce di Dave Gahan torna ad essere più sensuale di quanto ci si potesse aspettare, insieme alla scrittura di Martin Lee Gore. è amore al primo ascolto.
Non è una copia esatta di lavori precedenti come “Violator” o “Songs of Faith and Devotion”, ma il sound è sicuramente riconoscibile come quello tipico dei Depeche.
Con “Playing The Angel” vengono sfornate interessanti hit, una dopo l’altra, che andranno a ingrandire ancora di più la fama della band. Tra i toni graffianti di “John the Revelator” e quelli più pacati di “I Want It All”, l’elettronica è decisamente tornata a dominare la musica dei tre inglesi più iconici degli anni Novanta.
Impossibile non citare infine “Precious”, scritta da Gore per i suoi figli in seguito al difficile divorzio con la moglie. è una dedica dolce, che spezza il cuore anche a chi non è mai vissuto in una situazione del genere. In soli 4 minuti e 10 secondi, Martin riesce a sprigionare tutto il dolore che ha provato, mutandolo però in amore e affetto smisurato per i bambini. Tuttora, forse, “Precious” resta uno dei brani più belli e toccanti che il gruppo sia mai stato capace di creare, in ben 40 anni di carriera.
“Playing the Angel” è quindi un disco che merita tutto il successo che ha ottenuto e molto di più. Riprende con decisione le tipiche atmosfere dark del gruppo, ma non mancano toni più trattenuti e delicati, come nella sopracitata “Precious”. Un disco che probabilmente non invecchierà mai.
Pubblicazione: 17 ottobre 2005
Durata: 52:12
Tracce: 12
Genere: Alternative rock, synth pop
Etichetta: Mute Records
Produttore: Ben Hillier
Tracklist:
- A Pain That I’m Used To
- John The Revelator
- Suffer Well
- The Sinner In Me
- Precious
- Macro
- I Want It All
- Nothing’s Impossible
- Introspectre
- Damaged People
- Lilian
- The Darkest Star