Sono passati solo sei mesi dal precedente “Juice”, eppure i canadesi Born Ruffians sono già pronti al ritorno in grande stile con un nuovo album intitolato “Squeeze”. Il pochissimo tempo trascorso tra le due uscite potrebbe far sorgere alcuni dubbi in merito alla qualità delle nove tracce qui incluse. Che siano semplici scarti recuperati dalle sessioni di registrazioni del “fratellino maggiore” venuto al mondo lo scorso aprile? Assolutamente no.
“Squeeze” è infatti un disco di pregevolissima fattura che conferma ancora una volta l’ottimo stato di forma del trio proveniente dall’Ontario. Parliamoci chiaro: i Born Ruffians, seppur veterani della scena indie rock, non hanno dalla loro parte l’inventiva di chi può aspirare a una posizione da leader del settore. Hanno però una discreta personalità e, cosa di non poco conto, un talento compositivo davvero invidiabile, in grado di sopperire alle vistose lacune sul versante dell’ originalità .
La ricetta è solo apparentemente semplice: alla base di “Squeeze” vi è un mix tra la psichedelia “’60s più colorata e il power pop del nume tutelare Elvis Costello, imbastardito di tanto in tanto con ombre post-punk e persino alcuni sapori “ipnagogici” che personalmente mi hanno fatto pensare a una versione non lo-fi di Ariel Pink.
Dico così perchè, a differenza dell’artista losangelino, ai Born Ruffians piace moltissimo l’alta fedeltà : i brani di “Squeeze” suonano infatti puliti, pieni e splendidamente definiti. Non è un male, ma probabilmente un pizzico di “sporcizia” in più avrebbe reso più interessante la proposta; d’altronde, non stiamo parlando di roba sofisticata alla Donald Fagen.
La band del chitarrista/cantante Luke Lalonde, comunque, sa come graffiare l’ascoltatore e ce lo dimostra negli episodi più tradizionalmente rock, dal gusto leggermente british (“Sentimental Saddle”, “30th Century War” e “Noodle Soup”). Altrove emergono in maniera prepotente le già citate influenze psichedeliche (le ultra-vintage “Sinking Ships” e “Death Bed”), che i Born Ruffians rielaborano con gran gusto ma scarsissima attitudine alla modernità . Da non perdere per nulla al mondo il capitolo dream pop dell’album: si intitola “Waylaid” ed è un duetto con la cantautrice Hannah Georgas. Delicatissimo, come direbbe il maestro Christian De Sica.