-Cosa dice il Santo Padre?
-Cosa vuole che gli faccia dire?
Suona più o meno così uno degli ultimi scambi di battute della terza e ultima stagione di Suburra ed è il suggello definitivo di una serie che è iniziata idiota ed è finita peggio.
Criminali zingari che si aggirano senza problemi nelle residenze vaticane minacciando o ricattando cardinali in barba a intelligence e guardie svizzere, cardinali candidati al papato che, sempre tra le mura vaticane, vivono insieme ai propri figli avuti durante una scappatella dei tempi di una missione in Africa, funzionarie comunali dai capelli rossi in possesso di fascicoli magici che se li leggi “hai le chiavi di Roma”. E potrei continuare per buone due pagine.
Il plot di Suburra è così surreale, per non dire fantascientifico, che a un certo punto, quando gli spacciatori pariolini fanno la fila per ricevere la cocaina da spacciare dando in pegno i gioielli di famiglia (?!) mi aspettavo che entrasse in scena il cast di Baby per accaparrarsi qualche dose.
Insomma lo sforzo richiesto in termini di sospensione dell’incredulità è abnorme, cosa imperdonabile per una serie che vorrebbe essere la risposta romana a Gomorra.
Un naufragio di idee e mezzi che affonda anche le performance più che decenti dei vari Borghi e Nigro. E pensare che il film di Sollima che la ha anticipata prometteva una serie dura e interessante.
Per fortuna è finita.