Nel mondo del punk rock c’è solo un uomo in grado di unire in maniera intelligente e mai banale dissenso politico e ironia dissacrante, e il suo nome è Jello Biafra. L’ex cantante dei leggendari Dead Kennedys, da una decina di anni alla guida della Guantanamo School Of Medicine, è appena rientrato sulle scene con un album a dir poco incendiario. Un po’ come fossero le zanne del serpente ritratto in copertina, le dieci tracce di “Tea Party Revenge Porn” afferrano il cervello dell’ascoltatore e lo immergono in una miscela esplosiva a base di ritmiche veloci, sonorità aggressive e testi provocatori.
In un periodo storico quanto mai incerto e deprimente, segnato da rigurgiti di fascismo e crescenti diseguaglianze, la straordinaria verve satirica di Biafra torna a brillare e a strapparci qualche amara risata. Le parole sagaci e taglienti di questo indomito sessantaduenne dal riconoscibilissimo vibrato viaggiano con la rapidità di un proiettile che, pronto a colpire bersagli sempre diversi, lambisce praticamente tutti i temi caldi del momento.
I demoni di Donald Trump e delle fake news vengono magistralmente narrati nelle devastanti “Satan’s Combover” e “People With Too Much Time On Their Hands”, nelle quali riaffiora quella sana tensione che caratterizzò il meglio della produzione dei Dead Kennedys. Alla micidiale bordata hardcore intitolata “A Boring Day Is What I Need” fa seguito la geniale “We Created Putin”, un piccolo divertissement crossover in cui affiorano giocosi cori da Armata Rossa e persino un bridge in salsa reggae.
In “The Ghost Of Vince Lombardi”, dedicata a un celebre allenatore di football americano che negli anni ’60 diventò simbolo di tolleranza e antirazzismo, repentini cambiamenti ritmici spezzano ma non frenano la ferocia del punk più crudo e arcaico. Il fenomeno degli autoscatti viene analizzato in modo brutale nell’orientaleggiante “No More Selfies”, dal cui testo emerge fortissimamente l’insofferenza di Jello Biafra per tutto ciò che ha a che fare con smartphone e social network.
Gli effetti sempre più disastrosi dei cambiamenti climatici vengono passati in rassegna in “The Last Big Gulp”, uno scoppiettante mix tra garage e surf rock contraddistinto da un coloratissimo mood “’60s e dall’organo di Nicole Laurenne delle The Darts. Il premio per il brano più originale dell’opera non può però che andare a “Let’s Go Stare At Bloody Dead People”: la band fonde con perizia le atmosfere tipiche delle più affollate bettole punk degli anni ’80 a quelle dei club jazz da film noir. Ne viene fuori quello che potrebbe essere un numero di ballo tra pogo e charleston. Nella ruvida “Taliban USA” l’ex Dead Kennedys affonda il pugnale della satira nel ventre flaccido dell’America più bigotta e retrograda, in balia di una Corte Suprema soggiogata dall’influenza dei repubblicani e del populismo becero di quel Tea Party richiamato nella traccia di chiusura del disco.
Che altro aggiungere? “Tea Party Revenge Porn” è un lavoro ricco, stimolante ed eccitante. I Jello Biafra And The Guantanamo School Of Medicine sono in forma smagliante, non sbagliano un colpo per quarantacinque minuti filati e ci regalano un bell’appiglio per non sprofondare ulteriormente nello sconforto pandemico. Ho come l’impressione di aver trovato il mio album preferito tra quelli usciti in questo orripilante incubo chiamato 2020.