C’è il mondo delle nuove leve cantautorali e quello dei “padri”, di chi nel corso degli anni ha saputo interpretare i tempi che cambiavano, le esigenze della propria generazione e di quelle a venire. Sono usciti gli album di Godano, Bianconi e altri ne usciranno in questo anno strano. Quello di Pino Marino è un ritorno delicato e molto “italiano”, che vuol dire tutto e niente, ma la raffinatezza dei testi e la predominanza della melodia morbida della voce ricordano altri tempi.
è soprattutto la cura che ha messo nella scrittura, nell’arrangiamento e nell’unire le parole alla musica che lo portano a competere in un campionato diverso.
La sua arte, ad un livello più profondo, riesce ad abbracciare più generazioni, i testi hanno la capacità di rimanere, sono fuori da ogni contesto storico e al contempo ne raccontano le fondamenta (“Io non sono io”). Dalla generazione dei nostri genitori a quella dei nostri figli sembrano e sembreranno passati millenni, ma poter vedere un fil rouge attraverso il tempo è dono di pochi.
Serve tempo e impegno per ascoltare “Tilt”; non diventerà disco di platino (chissà ), ma andare oltre la superficie delle uscite quotidiane e cercare qualcosa di più profondo ne può valer la pena, anche solo per conoscere altri colori del cantautorato italiano.