Siamo immersi da mesi in un mondo che non è più il nostro, avvolti in una pellicola sottile, soffocati da qualcosa di invisibile ma tremendamente palpabile. Ci stiamo lentamente abituando a una situazione assurda, a sorridere con gli occhi, ad abbracciarci con le parole, a desiderare prepotentemente contatto umano. Quando hanno cominciato a scrivere i brani del loro terzo album, tutto ciò i Nothing But Thieves non lo immaginavano nemmeno, eppure è pregno della stessa claustrofobia che ci stiamo ritrovando a vivere.

“Moral Panic” è un disco polemico, politico, nato dall’esigenza di esprimere disagio e disapprovazione, con un punto di vista nettamente ribaltato rispetto a “Nothing But Thieves” e “Broken Machine“, album decisamente più intimi, fatti di racconti personali. La band inglese questa volta si scaglia duramente contro la digitalizzazione, che ormai ha preso il sopravvento sulla vita reale. Siamo arrivati ad un livello tale che se non esistessimo sulle piattaforme digitali finiremmo nell’etere, non ci sarebbe più traccia di noi in questo mondo, seguiremmo lo stesso destino delle “Unperson” di 1984, il celeberrimo romanzo di George Orwell da cui i NBT hanno tratto ispirazione per il primo brano dell’album, che dichiara immediatamente un cambio di rotta nel sound della band. L’ossessionata critica al mondo di internet e alla sua vacuità  è il cuore anche “Phobia”, interessante soprattutto per la suddivisione in tre parti, progressivamente sempre più aggressive, e tra i brani musicalmente migliori del disco assieme a “Can You Afford to Be An Individual?”, dinamite feroce, con evidenti reminiscenze dei Rage Against The Machine nelle urla incazzate di Conor Mason, che puntano il mirino direttamente contro l’amministrazione Trump e sparano forte.

Il “panico morale”, che dà  il nome all’album e uno dei brani è stato definito dalla band come il sentimento comune di paura e disorientamento che proviamo davanti alla moltitudine di temi preoccupanti che stanno attanagliando la nostra società . Non sappiamo più verso quale problema porre maggiore attenzione, ci sentiamo sopraffatti dall’ansia di perdere il controllo, o forse è già  successo. “Is Everybody Going Crazy?” il primo singolo pubblicato, è la voglia di evadere da un mondo che non riusciamo più a comprendere, fatto di persone che sembrano ormai riuscire a divertirsi solo con la follia. Assuefatti dai continui avvenimenti sconvolgenti, non sappiamo più cosa vuol dire vivere serenamente o a vedere un futuro, i NBT condividono questa grande verità  in “This Feels Like The End”:

“Oh, this feels like the end
Yeah, it feels like the end
We’re addicted to the pain
No, we can’t look away”

A metà  album due brani ci restituiscono il respiro e la speranza che qualcosa possa cambiare. “Free If You Want” ci ricorda che possiamo ancora scegliere, possiamo farci travolgere dalla valanga o scrollarcela di dosso. Mentre “Impossible” è un canto potente e liberatorio, la voce di un amore profondo: “Potrei annegare in qualcuno come te, immergermi così in profondità  da non risalire mai. Pensavo fosse impossibile, ma tu lo rendi possibile”.
In quest’album i Nothing But Thieves sono malinconicamente in cerca di riconnessione con il mondo fisico, vogliono percepire sensazioni reali, emozioni. Il tepore del sole che risplende sulla pelle di “There Was Sun”, un amore come quello di “Real Love Song”, che si continua a provare nonostante la fine di una relazione, che ti porta ad ascoltare, completamente solo, le canzoni di Nick Cave.
Urlano, si fanno sentire, si lamentano, distrutti dalle loro emozioni, poi si abbandonano. E “Before We Drift Away” chiude questo cerchio. Mentre la ascolti riesci a immaginare la band stesa su un asfalto rovente, in totale arresa, mentre il mondo attorno a loro brucia.

“Moral Panic” ci mostra i primi segni di sperimentazione dei Nothing But Thieves, che hanno confessato una spiccata attenzione, soprattutto da parte di Dominic Craik, verso le tendenze musicali e la loro voglia di integrare queste novità  nella loro musica. Questo è il tipico album che nei primissimi ascolti risulta deludente. Alcuni pezzi impattano immediatamente, molti altri lasciano l’amaro in bocca perchè non corrispondono alle aspettative, stonano con ciò a cui si è abituati. Dopo vari ascolti ci si fa prendere dalle sonorità  innegabilmente accattivanti, ma non siamo totalmente convinti che questa direzione sia quella giusta. Il terzo album non raggiunge lo splendore dei due precedenti, nei quali non c’era bisogno di scavare così a fondo per trovare materiale prezioso, ma siamo sempre pronti a stupirci.

Photo Credit: Jack Bridgeland