A fine 1985, con i Duran Duran fermi ai box e con qualche crepa che inizia a delinearsi all’orizzonte, ecco arrivare la scappatella musicale di Simon Le Bon, Nick Rhodes e Roger Taylor (che in realtà non è così coinvolto a dirla tutta) a nome Arcadia. Se il terzetto aveva messo in piedi questo bel progettino, gli altri due Duran, ovvero Andy Taylor e John Taylor erano allegramente nei Power Station (con un certo Tony Thompson, tutt’altro che l’ultimo arrivato) e nel marzo 1985 avevano pubblicato il piacevole album omonimo.
A dirla tutta se dobbiamo parlare delle fughe dalla band principale e metterle su un piatto della bilancia, beh, mi sento di propendere, per pochissimo, per i Power Station, più incalzanti, più rock e grintosi, mentre gli Arcadia lavoravano molto sulle atmosfere, entrando in circolo a piccoli passi, come una droga a rilascio prolungato. Vero è che il disco degli Arcadia lo riascolto ancora con piacere, più ora che 35 anni fa: ammetto infatti che all’epoca mi sembrava che la band guardasse più ai piccoli particolari e all’eleganza formale (impeccabile e innegabile), senza però sfoderare pezzi che sapessero dare la classica pelle d’oca. In realtà era un problema tutto mio, duraniano fino al midollo, che cercavo quell’immediatezza della band principale anche negli Arcadia (la trovavo di primo acchito solo nel singolone “Election Day”), sbagliando. Con il passare degli anni il disco mi è decisamente cresciuto e, anzi, mi piacerebbe pure sentire un nuovo capitolo, lo ammetto. Gli ospiti, di assoluto pregio e valore (da Sting a Grace Jones, passando per Gilmour e Herbie Hanckok) non mancano e Nick Rhodes che prende il controllo delle operazioni è sempre gradito. L’alchimia con Simon qui è, giocoforza, spinta a un livello superiore e devo dire che la performance del cantante è molto variegata e sentita, la coppia funziona e l’uno si fida ciecamente dell’altro.
Potremmo dire che con gli Arcadia iniziano già a comparire dei segnali di quelli che poi saranno i Duran degli album succesivi ad “Arena”, con una dimensione anche più oscura e più raffinata di quanto sentito fino a quel momento. Non mi permetto di dire che il disco degli Arcadia sia sperimentale, mi sembrerebbe una forzatura, però la voglia di osare e di non farsi trascinare da derive commerciali è ben chiara.
Dicevamo di Nick Rodhes. Le sue tastiere hanno il totale predominio su ogni cosa, mentre sapori funky e escursioni in territori decisamente avvolgenti rendono variegata la proposta. Nick non dimentica la lezione di Roxy Music e Japan (la critica stessa bastonerà il progetto per l’incapacità di uscire da strade già ben battute) e, ovviamente, il marchio DD (ma in una versione più dark, verrebbe da dire), ma sul tavolo da gioco le carte della band non sono poi così scontate e banali: un brano sinuoso e sognante come “Missing”, accidenti, non si dimentica in fretta. “The Promise” ha un basso meraviglioso, liquido e capace di mescolarsi magicamente con chitarra e sax, con un Simon che sfrutta i controcanti di Sting per trovare una linea melodica toccante e suggestiva. La palma di miglior brano dell’album arriva di diritto. Stravagante partenza con uno strumento ad archi per “El Diablo” che poi incorpora anche un flauto che fa tanto “Save a Prayer”: forse la canzone con il ritornello più bello, così ricco di malinconia. Ancora una volta Simon sugli scudi. “Lady Ice” è una ballata dai toni cupi e freddi e tiene fede al suo titolo, perchè ricca di un fascino quasi glaciale, seppur teatrale a modo suo: siamo lontani anni luce dalle solari e variegate trame che i Duran ci avevano consegnato con i loro video spumeggianti.
Non arrivò in cima alle classifiche inglesi e americane e la stampa non fu tenera, ma forse, proprio per questo, ci viene da riassaporare con affetto questo esordio degli Arcadia che, però, in Italia, patria di duraniane caldissime, fu accolto comunque con passione (la comparsata a “Fantastico” con il buon Pippo Baudo e fanciulle pronte a manifestare il loro amore per Simon e Nick è da visionare con piacere su YouTube).
Pubblicazione: 18 novembre 1985
Durata: 43:36
Dischi: 1
Tracce: 9
Genere: Synth pop, New wave, Art rock
Etichetta: Capitol/EMI (U.S.), Parlophone (UK)
Produttore: Alex Sadkin, Arcadia
Registrazione: aprile-giugno 1985
Election Day ““ 5:29
Keep Me in the Dark ““ 4:31
Goodbye Is Forever ““ 3:49
The Flame ““ 4:23
Missing ““ 3:40
Rose Arcana ““ 0:51
The Promise ““ 7:03
El Diablo ““ 6:05
Lady Ice ““ 7:32