Gli Sky Of Birds danno voce a trame sonore più crude, sofferte e nevrotiche, rispetto al recente passato. “Matte Eyes / Matte Moon“, il loro ultimo lavoro, è pervaso da atmosfere più grigie e rarefatte che, nelle loro vibranti ed intense melodie, esprimono quello che è il grido di dolore del pianeta e dell’intero genere umano. Trump, probabilmente, è, almeno per ora, alle nostre spalle. Le recenti elezioni hanno segnato, comunque le si voglia leggere, un punto di svolta, ma la sfacciata imprudenza politica trumpiana, le sue scelte anti-scientifiche, l’acuirsi della crisi economica, l’amplificazione delle ingiustizie sociali, sono ancora qui con noi e ci impediscono di poter respirare liberamente, spingendoci ancor di più verso il basso, con le spalle a terra, nella preoccupante indifferenza delle istituzioni e di coloro che potrebbero intervenire, ma che, invece, preferiscono – per proprie convenienze personali o semplicemente per timore delle probabili ripercussioni – voltarsi dall’altro lato.

Minneapolis è perennemente attorno a noi, non c’è bisogno di andare chissà  dove. La domanda, dunque, che traspare tra le sonorità  diluite e meditative della band frusinate, è un chiodo conficcato nella carne viva; un ginocchio al collo d’un uomo indifeso; un cielo basso, malevolo e pesante; il senso di abbandono che umilia le persone più fragili, sole ed indifese; la rassegnazione e l’apatia che fanno di contorno alle nostre città : qualcosa sta finalmente cambiando?

Le immagini del video di “Flaws In Color” scorrono davanti ai nostri occhi, trasmettendoci un profondo sentimento di malinconia, un sentimento che assume vera e propria consistenza materiale, mentre le sonorità  degli Sky Of Birds guardano lontano, oltre i limiti fissati dall’orizzonte e dai nostri stessi ricordi. Guardano agli spazi aperti dell’indie-folk americano, alle atmosfere riflessive del rock neo-psichedelico, mescolando la fredda e lunatica dolcezza del dream-pop con il calore e l’umanità  del rock più desertico, tentando di rimettere al centro del discorso quel ragazzo analogico che siamo stati e che, loro ne sono convinti e noi altrettanto, vive ancora dentro di noi.

Il risultato, dunque, è un album musicalmente eterogeneo ed equilibrato, ma allo stesso tempo emotivamente solido, capace di essere sia introspettivo, che politico. Un lavoro, svincolato dalle banalità  dell’it-pop nostrano, che, però, non diventa estraneo ed alieno alla realtà  circostante, ma la fa propria, la ripulisce di tutto l’inutile e superficiale contenuto mediatico e la proietta, nella sua purezza ed essenzialità , in un contesto umano, artistico e musicale che esula dai ristretti confini del nostro paese.