Se dei Sundara Karma conoscete solo “Flame” e vi aveva letteralmente scaldati posso dirvi che non ci sarà alcun “ritorno di fiamma”: la band inglese capitanata dal fintissimo cugino di Pollock (sarebbe bello se fosse vero e di certo il gusto estetico non gli manca), ovvero Oscar Pollock, torna con mille idee e stili diversi.
“Kill Me”, in uscita il 24 novembre 2020 per l’etichetta indipendente Chess Club Records, è un gradino verso il grande cambiamento del quartetto di Reading, per preparare i fan ad autotune e chitarre che mancano sempre di più.
Alla base c’è Clarence Clarity, il produttore dietro alla cantautrice (e modella) Rina Sawayama, col suo lavoro da remoto, c’è tanta elettronica, come possiamo pregustare, c’è un’evoluzione che è inevitabile se rapportata anche all’età giovanissima dei componenti; Pollock lo definisce l’album più personale e di cui va più fiero, anche se è ben consapevole di aver avuto questo pensiero a 19 anni, all’inizio della carriera, a 22, e così via.
E ce lo diceva già nel primo album: “Youth Is Only Ever Fun in Retrospect“.
Con “Artifice” e “Kill Me”, primi singoli estratti, arrivano i sintomi di una crescita che riguarda esperimenti sonori, certo, ma riguarda anche i testi, che parlano di sanità mentale, depressione e desiderio.
A proposito di “Artifice” Pollock ha affermato: “riguarda qualcuno che è stato nella tua vita e che non ne fa più parte, ma che ha lasciato un segno che non verrà mai rimosso….bisogna far pace con questo. La cicatrice può rimanere lì per sempre, ma va bene così perchè la vita continua“.
“Kill Me”, la title track, è i 30 Seconds To Mars e The Killers che si uniscono (incredibile) e fanno da colonna sonora a una disperata voglia di rialzarsi e andare avanti, anche se i mezzi che abbiamo sono pochi. Hannah Diamond di Pc Music ne ha diretto il videoclip, esprimendo la necessità della band di comunicare visivamente chi sta diventando.
C’è poi “O Stranger”, il cui intro (e ritornello) mi riporta alle atmosfere da MGMT, anche se nel videoclip vediamo il frontman somigliare sempre di più al rapper Machine Gun Kelly, biondissimo in tutto il suo sfarzo. E infatti una base rap c’è, fra un synth e l’altro.
In “YOUR TOUCH”, volutamente in capslock, echi degli anni Ottanta, quindi The Cure e melodie calde.
E alla fine arriva “Lifelines”, ultimo reminder di questo sound a cui ormai ci siamo (forse) abituati e punto da cui ripartire con l’album vero e proprio.
I Sundara Karma (che, ricordiamoci, in sanscrito vuol dire “bel karma”) sono qui per dimostrarci che stanno crescendo e noi di sicuro non siamo niente e nessuno per impedirglielo.
Photo: CarolineTrouT, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons