Non poteva essere una celebrazione canonica quella dei vent’anni di “The Sopthware Slump” compiuti lo scorso ventinove maggio. Il secondo disco dei Grandaddy sospeso tra natura e tecnologia, analogico e digitale, uscito quando il millennio era iniziato già da qualche mese e diventato un pilastro del sound indipendente a stelle e strisce. La deluxe edition pubblicata nel 2011 sembrava aver accontentato tutti, anche gli ammiratori più esigenti, serviva dunque qualcosa di diverso per far tornare questi undici brani sugli scaffali fisici e virtuali di uno strano 2020.
Non una semplice ristampa ma un cofanetto di ben quattro LP con versione rimasterizzata del disco, rarità , demo, “Signal to Snow Ratio” e “Through a Frosty Plate Glass” per la prima volta in vinile e il pezzo forte della collezione: “The Sopthware Slump “… on a wooden piano”. Vecchio desiderio di Jason Lytle, quello di registrare nuovamente l’album in forma diversa. Ora l’ha fatto sul serio, in totale solitudine durante la pandemia con l’aiuto di un pianoforte di legno come unico accompagnamento. Gli arrangiamenti estrosi e imprevedibili, i sintetizzatori, le chitarre, il basso, la batteria scompaiono per lasciare il posto a canzoni nude, ridotte all’osso: voce, melodia, intensità .
Un ritorno alle origini se vogliamo, visto che “The Sopthware Slump” era stato creato da Lytle in solitaria, con i contributi di Jim Fairchild, Aaron Burtch, Kevin Garcia e Tim Dryden aggiunti in seguito. Riproporlo in una veste così sobria era un bel rischio, ma il risultato è al di sopra delle aspettative. La bellezza e la poesia di brani come “Hewlett’s Daughter”, “Underneath the Weeping Willow”, “Miner at the Dial-a-View” e “So You’ll Aim Toward the Sky” rimangono invariate, accresciute perfino dalla forte intimità che Lytle riesce a creare.
“The Crystal Lake”, “Chartsengrafs” e “Broken Household Appliance National Forest” diventano ballate dal suono minimale, indubbiamente meno grintose ma incredibilmente commoventi, più vicine allo spirito con cui erano nate nella cucina di una piccola casa di Modesto (California). Il Jason Lytle autore e compositore è vero protagonista di quarantanove minuti riletti in modo filologicamente perfetto, emotivamente potenti. Nessuna nostalgia nè rimpianti, solo la voglia di suonare e tanto basta. L’androide di “Jed the Humanoid” e “Jed’s Other Poem (Beautiful Ground)” non è mai stato tanto umano e vulnerabile.