Nati a Liverpool nel 1982 i Candy Opera non hanno avuto i riflettori puntati a illuminare la loro indubbia classe, forse perchè altre band come gli Aztec Camera, i Pale Fountains o i Prefab Sprout si erano divisi la fama e i successi di quel periodo e di quel guitar pop che tanto andava di moda. La band si scioglierà nel 1993 senza neppur aver pubblicato un album, con i soli ricordi di un tour a supporto dei Pogues e qualche apparizione su Granada TV (si, quella di Coronation Street). Rimanevano però i loro brani, immortalati nei demo che, chissà per quali peripezie, sono pervenuti alla label Berlinese Firestation Records che, apprezzando quelle tracce ormai ventennali, pubblicò le canzoni nel 2018, in quello che è il loro debut album “45 Revolutions Per Minute”, le cui copie andarono tutte vendute come del resto la raccolta “Rarities” che comprendeva altri pezzi registrati in quegli anni.
Ascoltando quelle canzoni facciamo veramente fatica a capire il motivo per cui questa band non abbia avuto un meritato spazio in quegli anni e la buona accoglienza ricevuta trent’anni più tardi, sembra più che giustificata.
Questo nuovo album, 14 brani in 50 minuti abbondanti, ci restituisce una band in piena forma, inossidabile agli attacchi dei decenni e con una buona attitudine a scrivere canzoni dall’impatto immediato.
Quello che possiamo notare è uno spostamento verso sonorità “americane”, come se un vento avverso alle consuetudini metereologiche avesse soffiato da Liverpool verso gli States.
La chitarra slide di “Tell Me When The Lights Turn Green”, un bel lento da ballare in un saloon di Sacramento mentre il ritmo aumenta in “Crash” con sax e tastiere alle E Street band. Ballata acustica sempre a stelle e strisce è “Five Senses, Four Seasons” mentre l’acustica “Freedom Song” mette d’accordo gli estimatori di “Blackbird” dei Beatles e quelli di “Redemption Song” di Marley.
Country spumeggiante e ritmato in “Hashtag Text Delete” e soul da disco in “Rise” con un bel basso funky e in “Gimme One Last Try” che ci riporta alle scene di “The Commitments”. Un tuffo negli anni 50 con “Crazy” che sembra perfetta per Frank Sinatra.
Ma i Candy Opera non rinnegano la vecchia Albione e ci intrattengono con dei brani che non hanno nulla da invidiare ai già nominati Atzec Camera o ai Prefab Sprouts: “These Days Are Ours”, “Start All Over Again”, “Real Life” sono brani di grande personalità .
La riflessiva “See It Through Your Eyes”, “Enemy” che fa l’occhiolino ai Beatles psichedelici (pedaggio che paghi volentieri se sei di quelle parti) e la Paul-welleriana “There Is No Love” s’incastrano a perfezione nella scaletta del disco.
Photo by Steve Hines