Il 18 gennaio del 1996 veniva pubblicato “Linea Gotica”, secondo album del Consorzio Suonatori Indipendenti, un gruppo che aveva fatto intendere presto di essere qui per restare e per lasciare un segno indelebile al suo passaggio, e non più visto come un’entità viva in quanto erede della sigla CCCP – Fedeli alla linea in cui militavano Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni.

Il precedente “Ko de mondo” (che ne sanciva l’esordio discografico ufficiale dopo la partecipazione al progetto collettivo “Maciste contro tutti”) e l’album live “In quiete” a fungerne da (splendida) emanazione acustica, avevano messo in luce aspetti peculiari che mancavano nel rock italiano del periodo, dominato da colossi mainstream come i Litfiba, facendo così da traino a un nuovo movimento che, partendo dal basso, avrebbe poi fatto emergere tanti nomi interessanti destinati a caratterizzare un’epoca.

I C.S.I. erano un insieme perfetto di “teste” e cuori, dove l’esigenza narrativa (e culturale, verrebbe da dire, senza servirsi di astratti intellettualismi) viaggiava di pari passo con una componente musicale ricchissima, data dall’attitudine e dalla perizia di gente come Gianni Maroccolo, Giorgio Canali e Francesco Magnelli, che qui potevano liberare al meglio la loro urgenza creativa.
E in “Linea Gotica” entrambi i versanti, contenutistico e sonoro, furono valorizzati al massimo e incanalati in dieci brani di inaudita qualità, espressione di un animus perennemente in fermento.

Il secondo tassello dei C.S.I., se possibile, accentua il livello di “tensione” che rimane elevato per tutta la durata dell’opera, concedendo poco anche a quei momenti di bagliore melodico, magari rari ma comunque presenti nel precedente lavoro.

Sono diversi i riferimenti alla storia e soprattutto alla guerra, a iniziare dal titolo stesso e dalla traccia eponima, in cui è richiamato in apertura Fenoglio e dove vengono citati personaggi salienti della Resistenza italiana quali Germano Nicolini (il mitico “Comandante Diavolo”) e Giuseppe Dossetti; d’altronde solo un anno prima era ricorso il cinquantennale della liberazione italiana dal nazifascismo e proprio i C.S.I. furono tra i più grandi protagonisti di un’iniziativa unica nel suo genere come “Materiale resistente”.
Ma la guerra, molto più vicina cronologicamente e a un passo anche dal punto di vista geografico, è presente in maniera netta, inequivocabile con tutto il suo carico di drammaticità, sin dalle prime imperdibili note che accompagnano l’intensissima “Cupe vampe”, in versi memorabili come “Di colpo si fa notte, s’incunea crudo il freddo/la città trema, livida trema“: il riferimento è all’incendio arrecato alla Biblioteca Nazionale di Sarajevo, città assediata durante la guerra civile in Jugoslavia, un fatto saliente rievocato in modo esplicito già sulla copertina del disco.

È un rock teso, plumbeo, evocativo quello di cui si servono Ferretti e compagni per condividere la propria arte e tradurre nel modo più coerente possibile le loro intenzioni, non dimenticando la matrice punk (in primis come atteggiamento) che però viene innestata su un tappeto musicale che accoglie al suo interno più stili e influenze.

Autentiche protagoniste sono le chitarre, ora abrasive, ora oscure, taglienti e rarefatte, capaci di squarciare in due un episodio come “Sogni e sintomi”, in cui Ferretti dà prova di un eclettismo vocale che diventerà sempre più marchio di fabbrica, col suo variare dal tono basso, sussurrato, quasi gutturale, agli slanci imperiosi e acuti.

C’è però un contraltare in tutto questo, per evitare di farci sprofondare in una spirale cupa e tetra, ed è rappresentato dall’angelica voce di Ginevra Di Marco, la quale inizia a fare capolino con più insistenza ed efficacia che in passato.
Accade ad esempio in “Blu”, canzone baciata da un ritornello reso ancora più arioso grazie al suo cantato.

In “Linea Gotica” non mancano di certo riflessioni sulla sfera religiosa, come nella caustica “Millenni”, sorta di invettiva nei confronti della Chiesa cattolica, compensata però dai toni solenni de “L’ora delle tentazioni”, che la segue in scaletta.

Ci sono poi quei momenti di pura dolcezza, vedi “Io e Tancredi”, brano scritto da Ferretti per l’amato cavallo, o la magnifica cover di “E ti vengo a cercare” del maestro Franco Battiato. Il disco termina infine con “Irata”, dai tratti ipnotici e psichedelici, a racchiudere il senso di tutto l’album, avvalendosi pure del ricordo di Pasolini.

Tornando indietro di venticinque anni, in Italia non era stato ancora inciso nulla come “Linea Gotica”, così smaccatamente consapevole di essere complesso, pieno, ruvido, “pesante” persino, e dove le concessioni al facile ascolto non erano previste, ma lo stesso saprà ottenere, oltre che gli inevitabili elogi della critica, anche i riscontri di un pubblico sempre più copioso e finalmente avvezzo a lasciarsi conquistare da simili opere, pregne di significati.

Tale cambiamento sembrò sì dettato dai tempi che ormai imponevano quel tipo di approccio all’ascolto, ma ciò fu sicuramente favorito dal talento immenso con cui i C.S.I. riuscivano a veicolare determinati messaggi mediante la forma canzone.

Data di pubblicazione: 18 gennaio 1996
Registrato: presso “L’Olmaia” in Val d’Orcia nel luglio 1995 e allo “Studio Emme” di Calenzano (FI) nell’ottobre 1995
Tracce: 10
Lunghezza: 60:31
Etichetta: Black Out- Mercury/PolyGram
Produttore: Consorzio Produttori Indipendenti

Tracklist:
1. Cupe vampe
2. Sogni e sintomi
3. E ti vengo a cercare
4. Esco
5. Blu
6. Linea Gotica
7. Millenni
8. L’ora delle tentazioni
9. Io e Tancredi
10. Irata