Era il 4 ottobre del 1970 quando la polizia trovò il corpo senza vita di Janis Lyn Joplin nella stanza 105 del “Landmark Motor Hotel” di Los Angeles. Overdose di eroina, questo l’esito dell’autopsia.
Janis se n’era andata poco prima di poter vedere pubblicato il suo secondo e ultimo lavoro in studio, registrato tra il luglio e quel maledetto giorno di ottobre del “’70. Uscirà tre mesi dopo, l’11 gennaio del 1971, cinquant’anni oggi. Quell’album era Pearl.
Come suo solito Janis aveva deciso di cambiare la band con cui avrebbe registrato e la scelta cadde sulla Full Tilt Boogie Band, l’ensemble che l’aveva accompagnata al Festival Express (uno storico tour in treno in Canada con altri diversi artisti che si era tenuto nel 1970).
Il risultato è un album che rappresenta perfettamente quell’unione inscindibile tra vita e arte, la sua arte, che la Joplin incarnava in ogni nota emessa, in ogni brano finito, con quella naturalezza e paradossale apparente semplicità che hanno solo che cose che seguono l’istinto.
Una personalità dirompente tanto da far fuggire alle proprie avance un giovane Bruce Springsteen, un altro che di personalità ne aveva e ne ha sempre avuto da vendere, che si esprimeva in una voce che sapeva esser tagliente come la lama di un rasoio o bruciarti come un incendio.
Il disco si apre con “Move Over”, uno dei pochi brani firmati dalla sola Joplin, che è esempio perfetto di come un’interpretazione possa stravolgere e elevare un brano di per sè normale.
Sull’iconica “Cry Baby” c’è poco da dire: uno dei brani che l’hanno consacrata all’immortalità . Se qualcuno mai dovesse chiedersi quale ruolo abbia avuto nella storia della musica la Joplin, fategli sentire questo brano, fategli sentire come riuscì a traghettare, prima artista donna a farlo, il rock, quello vero, quello che si respira, nella tradizione, nella musica gospel, nel soul e nel blues.
E se vi dicesse che sì, tanta energia e poco altro, ignorate l’intinto di mandarlo al diavolo e fategli sentire “Trust me”. La sua voce trasformutata qui in una forma completamente diversa, canta quasi teneramente, senza quelle barriere d’urto, limpida e diretta:
Love is supposed to be that special kind of thing,
makes anybody want to sacrifice.
Infine non può non essere citata “Buried Alive in the Blues“, brano dal sapore quasi premonitorio, avrebbe dovuto avere la sua voce ma resta invece un pezzo strumentale.
Janis morì il giorno stesso in cui avrebbe dovuto cantarla, lasciando un incredibile eredità di arte e musica, ma anche un vuoto impossibile da colmare nella storia della musica, così come sulle note di questo brano.
Pubblicazione: 11 gennaio 1971
Durata versione originale: 34:10
Durata versione del 1999: 58:16
Dischi: 1
Tracce: 10
Genere: Rock
Etichetta: Columbia Records (KC 30322)
Produttore: Paul A. Rothchild
Note: Rimasterizzato nel 1999 con 4 tracce bonus
Tracklist:
1. Move Over ““ 3:40 (Janis Joplin)
2. Cry Baby ““ 3:56 (Bert Russell, Norman Meade)
3. A Woman Left Lonely ““ 3:28 (Dan Penn, Spooner Oldham)
4. Half Moon ““ 3:52 (John Hall, Joseph Hall)
5. Buried Alive in the Blues ““ 2:25 (Nick Gravenites)
6. My Baby ““ 3:45 (Jerry Ragovoy, Mort Shuman)
7. Me and Bobby McGee ““ 4:30 (Fred Foster, Kris Kristofferson)
8. Mercedes Benz ““ 1:46 (Janis Joplin, Michael McClure)
9. Trust Me ““ 3:15 (Bobby Womack)
10. Get It While You Can ““ 3:23 (Jerry Ragovoy, Mort Shuman)