Che strano ritrovarsi sul divano di casa, col portatile connesso al televisore col cavo HDMI, per guardare un concerto.
Quello che ti pervade è un senso di forte amarezza, una nostalgia che ti stringe le budella e una frustrazione incredibile se solo ci si ferma a pensare che nessuno ha idea di quando tutto questo finirà .
Insomma ieri sera, munita di tisana fumante e copertina di pile viste le temperature non propriamente miti, mi sono connessa con altre migliaia di persone per godermi poco più di 45 minuti di intrattenimento musicale.
Passenger, notissimo e pluripremiato menestrello britannico, ha appena rilasciato il suo tredicesimo album dal titolo “Songs For The Drunk And Broken Hearted” e, dato il rinvio forzato del tour mondiale, ha deciso di creare un evento particolare per i suoi fan.
Quella andata in onda ieri sera, più che un live show vero e proprio, è stata un’esibizione dal vivo pre-registrata e prodotta dallo stesso Mike, che passa dal camerino, alla platea, al palco deliziandoci con le versioni acustiche di alcuni dei brani contenuti in SFTDABH più alcuni dei suoi più grandi successi (“Let Her Go”, “Life’s For The Living”, “Survivors”, “Scare Away The Dark”).
La location è splendida, la conosciamo tutti d’altronde. Passenger stesso racconta, in un uno dei brevi contenuti parlati che alterna all’esecuzione dei brani, come si senta incredibilmente onorato di essersi esibito in una cornice così suggestiva come può essere la Royal Albert Hall. Tuttavia, essa risulta allo stesso tempo un po’ triste e desolata, essendo priva di pubblico e di band.
Esatto, avete capito bene: si è trattato di un’esibizione di grandissima intimità e carica emotiva, tutta voce e chitarra. Al centro di un palco piuttosto spoglio, se non fosse per le (poche) luci, si stagliano un uomo e la sua Gibson acustica. Il timbro vocale e la capacità indiscussa nel suonare completano il quadro che, nonostante questo, suona ripetitivo e, a tratti, noioso.
Tutto il “film” è un susseguirsi di esibizioie acustica voce e chitarra e frammenti video in cui (in sottofondo) l’artista dice quattro parole su quanto sia grato ai fan che con pazienza (e biglietti già pagati alla mano), stanno aspettando di vederlo live, o di quanto nei suoi testi cerchi di essere poetico ma allo stesso tempo voglia arrivare a tutti.
In uno di questi montaggi video, Passenger afferma quanto ami rimanere sul “semplice”, che simplicity is key. Ecco, in linea di massima posso essere d’accordo con questa affermazione, ma non in questo caso.
A mio personale parere, è stato un vero peccato non sfruttare una location di culto come la Royal Albert Hall per riprodurre in live i brani quantomeno come registrati in studio, ossia con la presenza di una band sul palco fatta di percussioni, basso, fiati e archi.
Un live show con tutti i crismi, insomma, non una “semplice” esibizione acustica che avrebbe potuto essere registrata da qualunque altra parte (anche nel salotto di casa, per dirne una, come molti artisti hanno fatto durante il lockdown).
In un periodo così di magra per i lavoratori dello spettacolo, inoltre, ciò avrebbe potuto dare un messaggio di speranza e di propositività per tutto il settore.
Aspettative personali deluse a parte, si è trattato di un buon modo di passare la serata in compagnia di buona musica, nell’attesa spasmodica di poter tornare liberamente a saltare, sudare e gridare a squarciagola in un parterre, tornando a casa con le orecchie che fischiano.