Venticinque anni fa veniva pubblicato “Nessun pericolo… per te”, forse (non me ne vogliano i suoi fans più integerrimi) l’ultimo album davvero notevole da un punto di vista meramente artistico di Vasco Rossi.
Con questo titolo infatti si chiuse un’intensa stagione dalle forti tinte rock del Blasco, cominciata con l’album dal vivo “Fronte del palco” – a suggellare fin lì l’apogeo della sua vicenda -, bissato dal successivo (praticamente coevo) “Vasco Live 10.07.90 San Siro” fino a giungere al best seller “Gli spari sopra”, uscito nel 1993 e che anticipa le atmosfere tese e viscerali dell’album oggetto di questa retrospettiva.
Da lì in poi il Nostro opterà per un riflusso acustico dopo tanta sbornia elettrica, tradotto in un album come “Canzoni per me”, con cui vinse addirittura la Targa Tenco come migliore dell’anno, dopodichè inizierà a inanellare lavori meno a fuoco e coesi ma in grado sempre di sprigionare un’intensa energia e passione negli infuocati e immancabili concerti, nel frattempo divenuti costantemente degli eventi da passare agli annali.
Il focus ottenuto in “Nessun pericolo… per te”, somiglia molto a uno zenit artistico, una vetta di un percorso assai irto e “pericoloso”, sempre vissuto sul filo del rasoio ma che proprio qui, a ben vedere, è intriso anche – forse per la prima volta in maniera così compiuta – di consapevolezza del proprio io interiore (oltre che del proprio status di musicista, assurto ormai a paradigma, molto vicino a un moderno “profeta” per il proprio fedelissimo popolo).
E’ il disco di “Sally”, ormai un evergreen della musica italiana tutta, canzone immortalata poi in varie occasioni (memorabile ad esempio la versione di Fiorella Mannoia) ma che mai come qui nella sua veste originale, dalla voce e dal cuore di Vasco, viene emanata in tutta la sua accecante bellezza e fragilità .
Come non citare poi un brano struggente come “Gli angeli” (il cui videoclip fu opera di un certo Roman Polanski)? Al di là della sentita ode a un caro amico che purtroppo era venuto a mancare (il suo prezioso braccio destro Maurizio Lolli), è impossibile non farsi travolgere fino quasi alla commozione ascoltando il lungo assolo finale di Michael Landau, autentico asso della sei corde.
Non è quello del chitarrista statunitense l’unico apporto di rilievo nel disco, visto che scorrendo l’elenco dei collaboratori viene da impallidire di fronte a un simile parterre: dal batterista Vinnie Colaiuta al bassista Randy Jackson, ai chitarristi Andrea Braido e Paolo Gianolio (senza dimenticare Stef Burns, da qui ai giorni nostri nuovo alter ego di Vasco, dopo la precoce dipartita di Massimo Riva, che qui in ogni caso co-firma la splendida opener affidata a “Un gran bel film”).
Sono altresì importanti, ed è doverosissimo citarli, altri personaggi “familiari” della galassia Rossi, quali il compianto sodale Guido Elmi, anche produttore del disco assieme allo stesso leader, Celso Valli e soprattutto, permettetemi, quel grande autore che risponde al nome di Tullio Ferro, il quale presta ancora una volta il suo talento compositivo in più di un brano.
Tra le canzoni che si fanno indubbiamente ricordare va inclusa la feroce dichiarazione di intenti di “Mi si escludeva” che lungi dall’essere definita una sorta de “Gli spari sopra pt.2” possiede invero una sua genuina forza e ragion d’essere in versi ficcanti dai toni clamorosamente autobiografici ma che allo stesso tempo, nella migliore tradizione vaschiana, sanno parlare a tante anime affini.
Un altro brano “forte”, emblematico manifesto dell’album, è “Praticamente perfetto” in cui il rocker tratteggia un impietoso ritratto dei moralisti, dei benpensanti, stigmatizzati sin dal clamoroso incipit: “Anche se muoiono in un sabato di merda/ o che ne so/ cosa c’è/ cosa te… non ci credo che stasera te piangi più di me, sei un ipocrita schifoso e sei pericoloso!”. La canzone era stata in precedenza presentata – con un titolo differente (“Anche se”) – in occasione del tour di “Rock sotto l’assedio”, altra tappa imperdibile di quel periodo.
Ci sono poi quei brani graffianti in cui Vasco cerca di rinverdire una appena sopita vena provocatoria: alludo nello specifico alla irriverente title – track ma sono momenti ben compensati da quei rintocchi introspettivi e malinconici, che emergono nella dedica al figlio Luca nell’obliqua “Benvenuto” e nei due particolari episodi che chiudono l’album (“Io perderò” e “Marea”), ondivaghi e dai cenni ipnotici.
Nel 1996 Vasco Rossi aveva 44 anni ma sembravano molti di più, memori di un’esperienza di vita davvero intensa e giocata senza risparmiarsi, mettendosi in gioco ogni volta in prima persona.
“Nessun pericolo… per te” rimane a distanza di 25 anni una testimonianza fulgida di vitalità e urgenza espressiva, un coacervo di idee declinate in una forma rock che mirava veramente a un pubblico d’eccezione, in grado di prevaricare finalmente i confini italici – divenuti da tempo ormai terra di conquista – grazie alla ricerca esaudita di un sound contemporaneo e dal respiro internazionale.
Di sicuro, da qualunque prospettiva lo si guardi, questo album va annoverato senza timori di smentita tra le pietre miliari della sua ormai sovraffollata discografia.
Data di pubblicazione: 24 gennaio 1996
Tracce: 10
Lunghezza: 47 :23
Etichetta: EMI
Produttore: Guido Elmi, Vasco Rossi
Tracklist:
1. Un gran bel film
2. Benvenuto
3. Gli angeli
4. Mi si escludeva
5. Sally
6. Praticamente perfetto
7. Le cose che non dici
8. Nessun pericolo… per te
9. Io perderò
10. Marea