I Beautify Junkyards sono una realtà ancora troppo sconosciuta in Italia, a parere di chi scrive.
Qualche cenno “biografico”, prima di passare alla recensione, che un po’ di contesto non guasta mai.
Ci troviamo di fronte a un sestetto poliedrico e dal talento dirompente che arriva direttamente dal Portogallo. Abbiamo Joà£o Branco Kyron, fondatore della band, a voce, synth e sampler; Helena Espvall, unica donna del gruppo, a flauto, violoncello, chitarra elettrica, viola caipira e cetra zither; Martinez alla voce; Joà£o Moreira a chitarra acustica e tastiere; Sergue Ra a basso, xilofono ed Omnichord e Antònio Watts alle percussioni.
Hanno esordito nel 2013 con un self titled album composto interamente da cover, dal tono fortemente intimo e in grado di mettere in equilibrio, con un tocco personale di una raffinatezza unica, sonorità folk con elettronica e melodie acustiche. Un prodotto che vi consiglio davvero di ascoltare.
Rispettivamente nel 2017 e nel 2018 arrivano “The Beast Shouted Love” e “The Invisible World of Beautify Junkyards”, album di inediti sempre via Ghost Box, pregni di una ricerca stilistica e di una identità artistica estremamente matura e a fuoco.
Entrambi gli album sono esperienze sensoriali e “Cosmorama”, ultima uscita per la band portoghese, non delude le aspettative.
“Cosmorama” è un lavoro corale, da ascoltare dall’inizio alla fine seguendo rigorosamente la tracklist: dieci brani in grado di confezionare e regalare a chi ascolta un idilliaco viaggio tra misticismo, sonorità tribali, psichedelia ed elettrofolk.
A primo acchitto le tracce potrebbero susseguirsi una simile all’altra, senza differenziarsi poi tanto tra di loro, ma così non è. Sembra di sentirlo respirare, quest’album, in un flusso costante che sembra trasportarci in un’altra dimensione in stretta connessione con il cosmo, con le nostre radici ma allo stesso tempo con il futuro. Attraverso cori ovattati, voci di uomo e di donna che si intrecciano e si rincorrono avvolti da basso e contrabbasso, e scandite da percussioni che sembrano letteralmente uscite da un documentario sugli indigeni, i Beautify Junkyards ci fanno immergere nell’universo di “Cosmorama”.
Si parte dalle melodie psichedeliche di “Dupla Exposià§à£o”. Un pezzo intricato, in portoghese, che connette, su una base di matrice elettronica, il cinguettio degli uccelli (che ci culleranno anche in “Vali” e in “Deep Green”), con il suono ancestrale di flauto e percussioni.
Passiamo poi a “Reverie”, caratterizzata da spoken vocals dal tono suadente, in un climax di sonorità a tratti vintage a tratti moderne. Attraversiamo le vibes ovattate e sensuali di “The Sphinx” per giungere a “Parangolè”, splendido brano dalle fondamenta bossanova sapientemente arpeggiate da Moreira e cesellate dalla cantilenante voce di Rita Vain, che pare farci assistere, davanti a un falò, a un qualche proibito rito religioso.
Un’arpa pizzicata, che ricorda la melodia di un vecchio carillon, ci introduce alla quinta, ansimante traccia dell’album, “A Garden By The Sea”, che sfocia in “The Collector”. Quest’ultima è composta da due elementi principali, percussioni e violini, che in qualche modo spezzano il brano senza tutta via fargli perdere omogeneità .
Arriviamo alla title track “Cosmorama” e a “Zodiak Klub”, pezzi simbolo di tutto l’album in quanto crogiolo di generi e stili, dal progressive all’elettronica allo psych-folk.
Dopo “Vali”, che sarebbe la perfetta colonna sonora di un documentario sulle bellezze nascoste del nostro pianeta e “Deep Green”, di gran lunga il brano più lineare e orecchiabile di tutta la produzione, si approda a “The Fountain”.
Quale chiusa perfetta per un album del genere, se non un pezzo di una malinconia distruttiva tipo quella che provi quando torni alla routine dopo il viaggio della vita? Ecco, “The Fountain” è la più evocativa, cupa e inquietante delle 10 tracce. L’arpa suggerisce lo sgocciolare dell’aqua in una fontana, poi il brano prende coraggio e finisce per esplodere con una carica onirica che si fa fatica a gestire.
I Beautify Junkyard ci hanno regalato un album immenso, una via di fuga dalle esistenze stereotipate (e, perchè no, dagli ascolti stereotipati!) che portiamo avanti nel corso delle nostre vite.
è musica che riempie il cuore, i polmoni e il cervello.
Da maneggiare con cura e da godersi in silenzio.
Credit Foto: Lois Gray