A fine stagione si è così immersi nelle vicende della famiglia reale che, sapendo che tra questa e la prossima stagione ci sarà il consueto e radicale cambio di cast, quasi ci si rimane male. Non fosse che in molti si era paventati dubbi già alla rotazione degli interpreti intercorsa tra seconda terza stagione, per poi dovercene stare zitti e muti.
I nodi principali cui questa quarta stagione ruota intorno, dipanandosi dalla fine degli anni ’70 e all’inizio dei ’90, sono chiaramente il dualismo che si viene a creare tra la Regina Elisabetta e il primo ministro Margaret Tatcher e il naufragio inesorabile del matrimonio tra Carlo e Diana.
Al solito la messinscena è sobria ed elegante, la recitazione è coralmente sublime e l’attenzione al lato storico precisa e puntuale.
Pur comprendendo chi richiede a Netflix di apporre alla serie un disclaimer enunciante che tutto quanto riguarda le vite private dei protagonisti ha di reale soltanto gli spunti di cronaca ed è per il resto è fantasia degli autori, va detto che i reali inglesi ancora una volta vengono ritratti in maniera molto umana ed equilibrata.
L’unico che davvero fa la figura del coglione, mentre invece nella terza stagione quasi suscitava simpatia, è Carlo, dipinto come un vanesio impenitente, egocentrico e incapace di alcun sacrificio.
Un piccolo rammarico deriva dal sottoutilizzo di Elena Bonham Carter/Margaret, che invece nella terza stagione, dove era più sfruttata, aveva spadroneggiato dando vita ad uno degli episodi migliori dell’intera serie (quello della sua visita negli Stati Uniti).
Istituzionali al solito Colman e Menzies, sorprendente la Tatcher di Gillian Anderson e freschissima la Diana di Emma Corrin.