Ciao Luca, ti ricordi di me? Sono il tuo stalker numero uno, quello che ad ogni uscita – armato di amore, computer e un sacco di parole sdolcinate – ha sempre accolto i tuoi nuovi pezzi con la ola, perchè sì, quando qualcosa è bello fa bene a tutti e ci ricorda che distinguere tra kalos e kakos è ancora possibile, nella grande dispersione di identità , di etica e di onestà intellettuale di oggi.
Il fatto è che il kalos stefanelliano alza l’asticella a tal punto che guardare giù fa salire le vertigini, e lo stacco netto che il cantautore scuola Dischi Rurali mette tra sè e i competitor è tanto abissale da far porre qualche domanda non solo all’ascoltatore, ma anche alla pletora di artisti convinti di avere in mano, ogni venerdì, il prossimo crac discografico. Stefanelli vince sempre, invece, perchè a lui l’unica cosa che manca è la smania del successo, la rincorsa dell’utile: Luca è Luca, e ad ogni brano offre a chi lo segue la possibilità di godere di un punto di vista nuovo sull’estrema e variopinta complessità della sua anima bella.
I riferimenti musicali sono quelli che abbiamo imparato ad individuare nelle precedenti uscite del cantautore, come sempre sintetizzati in un linguaggio che fa dell’eccezione la propria regola: la voce soffiata di Luca si fa nenia narcotica verso mondi che stanno oltre, ben lontani dal grigiore della contemporaneità ; universi interiori che ammettono alle proprie orbite solo chi sa galleggiare con leggerezza, staccando l’anima dall’ancoraggio materiale di una musica sempre più consumata, perchè consumistica.
Un uccellino con accento partenopeo, tra l’altro, mi ha detto che fra poco uscirà qualcosa di corposo. Ovviamente, noi di IFB non vediamo l’ora che accada.
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