In due ore e dieci minuti circa, il primo film in inglese del regista ungherese mette in scena la difficile “ricostruzione” di se stessa di una giovane donna. Ridotta in pezzi, come suggerisce il titolo, dopo aver dato alla luce una bimba destinata a morire pochi minuti dopo il parto.
In realtà 20 minuti buoni del film sono costituiti dalla lunga scena del parto, ripresa da Mundruczò e i suoi con realismo e dovizia di particolari, ma anche di intense inquadrature del volto di Martha (una Vanessa Kirby giustamente insignita della Coppa Volpi per la miglior attrice allo scorso Festival di Venezia).
Non soltanto Martha dovrà rimettersi in sesto, ma sarà anche per certi versi osteggiata dai suoi affetti più cari, ossia la madre (un’invadente Ellen Burstyn) e il compagno (un sofferto, rude e minimalista Shia LaBeouf). Entrambi, spesso ambigui, sono i due personaggi che faranno da insidiosa zavorra alla ripresa di Martha, ma al contempo saranno fondamentali per la sua “ricostruzione”.
Molto secco, talvolta addirittura asettico, ma allo stesso tempo intenso, “Pieces Of A Woman” è un film molto pregnante, che fosse riuscito a smarcarsi da certi stereotipi da cinema indie (la provincia americana in cui è ambientato ricalca pari pari quella di “Manchester By The Sea”, ad esempio) avrebbe offerto al suo regista la definitiva consacrazione internazionale.