Questa è una storia triste, di quelle che già dalle prime battute capisci che andrà a finire male.
Una di quelle costruite apposta per farti piangere, per colpirti al cuore, di quelle che in fondo finirai per voler dimenticare, nate con già nel proprio dna il fattore Hachiko.
Ve lo ricordate il film “Hachiko – Il tuo migliore amico” ? Quel film del 2009 con Richard Gere dove un cane di nome Hachiko ogni giorno si presenta alla stazione ad aspettare il suo padrone Parker Wilson che non tornerà più?
Avete provato a guardarlo senza provare tristezza e senza esserne in fondo turbati? Bene se non l’avete mai visto evitatelo come la peste, una costruzione ad arte che punta direttamente alla vostra empatia, una trappola emotiva al livello di “Voglia di tenerezza”.
Vi ricordate “Voglia di Tenerezza” quel film premio oscar del 1984 con Shirley MacLaine nel quale”…ok basta così, usciamo da questo loop.
Questa è la storia dell’attesa di Hachiko nella speranza di un ritorno di Parker Wilson, di qualcuno che è ormai morto ma ancora si spera che un giorno scenderà da quel maledetto treno.
La protagonista o meglio l’autrice
Queste triste storia l’ha scritta Phoebe Bridgers non credo consapevolmente, non credo che avesse intenzione neanche di scriverla.
Deve essere chiaro che non è il gesto di Phoebe Bridgers ad essere triste, anzi tutt’altro, io l’ho amata in quel momento, ho sorriso per ogni momento, ogni scintilla, ogni tensione del suo volto, ogni volta che la vedevo sollevare la chitarra.
Lei non è Hachiko e non è Parker Wilson, lei è un gesto simbolico, ed è proprio questa iperbole ad essere triste, non lo spaccare ma quello che rappresenta, lei in quel momento non è Hachiko e non è Parker Wilson, lei è l’attesa, e il treno che arriva ma è ancora vuoto.
La storia
Tutti sappiamo cosa è successo ma è il caso di ricordarlo.
Phoebe Bridgers si esibisce per la prima volta al Saturday Night Live ed esegue “I Know the End”, una splendida esibizione.
All’improvviso solleva la chitarra e inizia a spaccarla sulla strumentazione, partono scintille e lei continua imperterrita fino a gettarla a terra ed andarsene.
Bene, non siamo negli anni 60 di Pete Townshend e Jimi Hendrix, il valore provocatorio dell’epoca è ormai perso da tempo, e già quando Kurt Cobain le spaccava ai suoi concerti l’impatto era diverso.
Oggi però abbiamo una “leggerissima” differenza, oggi abbiamo i social, quello che magari sussurravi all’uscita del concerto per sfottere il tuo amico fan dei Nirvana “Hey va bene sono bravini ma Cobain a spaccare le chitarre è negato“, lo troviamo sparato dappertutto.
Ognuno dice la sua perchè la platea non è quella del concerto e non devi solo perculare il tuo amico, devi avere la sensazione di essere il protagonista e per farlo metti tutto sul piatto social, la fame nel mondo (c’e’ chi muore di fame e questa distrugge strumentazione costosissima, poteva darla in beneficenza), la supremazia bianca e la critica sociale (queste ragazze bianche viziate della middle class credono di poter fare tutto) , la storia del rock (e chi si crede di essere Pete Townshend) oppure a scelta ( e chi si crede di essere Kurt Cobain), e infine un po’ di sessismo qua e là (non ha neanche la forza per romperla.. non e’ una cosa per donne).
Sulla fame del mondo ha risposto brillantemente il comico Drew Gooden «Phoebe mi ha deluso. Ci sono milioni di bambini affamati che avrebbero potuto mangiare quella chitarra. E ora nessuno di loro lo può fare. Non riesco a smettere di piangere », invece a David Crosby, che aveva sentenziato il gesto commentandolo «Pathetic » ha risposto in maniera perfetta la stessa Phoebe dandogli del «little bitch », per il resto io posso solo aggiungere, provateci voi a spaccare una Danelectro o uomini con clava.
Parker Wilson la rockstar
Il 10 gennaio del 2016 moriva David Bowie, e la sua morte ha segnato la fine di un epoca, se ne andava la più grande rockstar di tutti i tempi.
Bowie con Ziggy Stardust creò e portò sul palco la figura più completa della rockstar e l’ha incarnata per tutta la sua vita, alimentando il mito negli anni con una produzione incredibile terminata con “Blackstar”.
Ho sempre voluto vedere in “Blackstar” un riferimento a Ziggy Stardust, che finisce la sua esistenza inghiottito da un buco nero, forse Bowie consapevolmente voleva collegare la propria fine reale con quelle fittizia di Ziggy.
David Bowie è costretto a far smettere di brillare la sua stella e con lui finisce simbolicamente un’era, quella della “divinizzazione dell’artista” che fa di se stesso un’opera d’arte.
Con la morte di Bowie, Parker Wilson sale sul treno e nessuno è in grado di prendere il suo posto, noi Hachiko non possiamo far altro che stare alla stazione ad aspettare che arrivi un nuovo Parker Wilson, una nuova rockstar capace di tanta grandezza.
Phoebe Bridgers spacca una chitarra, Hachiko solleva lo sguardo fa un piccolo amaro sorriso e resta in attesa alla stazione.