Attenendomi a, come la descrive l’ex agente del MI5, fare il debriefing dell’operazione, quella al centro di “The Mole” è la più grande e rischiosa azione di spionaggio messa in atto da privati di sempre.
Così rischiosa, che un paio di volte ti chiedi davvero “ma perchè?”
La talpa del titolo è un ex-cuoco danese che nel giro di sette anni si è infliltrato nel KFA, ossia gli amici della Corea Del Nord (si, esistono, anche in Italia), e ne ha scalato le gerarchie fino a diventare il capo prima del nucleo danese, poi dell’intera Scandinavia.
Fin qui tutto bene. I cazzi cominciano quando il placido cuoco, all’insaputa finanche della moglie, introduce ai coreani il fantomatico Mr. James, un contrabbandiere d’armi che contratta con questi la produzione di missili e metanfetamine. Nel corso delle due puntate che costituiscono la docuserie, i due viaggiano infatti per il mondo, microfonati e “camerati” per Brugger (i coreani sono così sicuri della fedelatà della talpa che credono stia girando video di propaganda), dalla Spagna (dove risiede il grottesco capo europeo del KFA) alla Corea del Nord, dalla Cina all’Uganda. Rischiando letteralmente la pelle, perchè i nordcoreani non è che sono proprio friendly.
Si ride, si va abbastanza a fondo di cose che si sapevano o sospettavano, si capiscono dinamiche occulte (la parte in Giordania è da questo punto di vista davvero interessante) dietro i finanziamenti dei conflitti bellici di terzi, ci si intristisce finanche (la parte in Uganda, con i bimbi convinti che l’allegra comitiva sia lì per costruire un ospedale o una scuola, spacca il cuore). Ma soprattutto si palpa il pericolo corso dai due svitati protagonisti.