78 anni fa, il 25 Febbraio 1943 nasceva in un sobborgo di Liverpool uno dei musicisti più influenti della scena – nonchè, membro dei Beatles – George Harrison.
Oggi, noi di IndieForBunnies, vorremmo ricordarlo con diverse prelibatezze della sua carriera solista.
10. Stuck Inside A Cloud
2002, da “Brainwashed”
Talking to myself
Crying out loud
Only I can hear me, I’m
Stuck inside a cloud
Parte malinconica per poi allietarsi di speranza. Una vera chicca dell’album postumo, impreziosita dal suono languido delle slide di chitarra del Quite One.
9. When We Was Fab
1987, da “Cloud Nine”
Long time ago when we was fab
Una lode a quelli che furono i tempi di quando il mondo non girava intorno al sole; bensì, intorno ai Fab Four.
Violoncelli alla “Eleanor Rigby” e la psichedelia del sitar sono solo tra i più evidenti rimandi beatlesiani. Il video ufficiale – dalla consistente esuberanza ottantina – non farà , di certo, un uso sobrio di questi rimandi.
Una potente carica nostalgica che suscita la pelle d’oca agli appassionati.
8. Living In The Material World
1973, da “Living In The Material World”
Can’t say what I’m doing here
But I hope to see much clearer
After living in the material world
Sonorità orientali e occidentali si incontrano e sovvertono a vicenda.
Una ballad giuliva, di sonorità pop-rock, che viene spezzata da momenti di intermezzo – armonizzati da sitar, flauti, tamburi indiani ed un piacevole falsetto – che solleveranno l’ascoltatore nelle grazie di una liturgia indiana; per poi, ricatapultarlo nel mondo materiale.
E come dimenticare il frenetico assolo di sassofono?
7. Beware Of Darkness
1970, da “All Things Must Pass”
Watch out now, take care
Beware of the thoughts that linger
Winding up inside your head
The hopelessness around you
In the dead of night
Tra i brani più riusciti scritti sulla scia delle concezioni filosofiche e spirituali d’oriente vi è “Beware Of Darkness”.
L’ascoltatore è, premurosamente, sollecitato a non cedere all’illusione del Maya. In altre parole, prendere le distanze dal benessere effimero provocato del materialismo e non lasciarsi soggiogare dai pensieri negativi.
Il brano è caratterizzato da una crescente progressione sonora di grande originalità e armonia. Lo sfoggio di un eccezionale assolo di chitarra sarà la ciliegina sulla torta.
6. If Not For You
1970, da “All Things Must Pass”
If not for you
The winter would hold no spring
Couldn’t hear a robin sing
I just wouldn’t have a clue, if not for you
Come molti sanno, tra George Harrison e Bob Dylan scorreva buon sangue. Sull’onda di quest’amicizia, l’ex Beatle comporrà la cover di un brano del padre del folk d’autore, “If Not For You”.
Una dedica sentimentale dal profondo sentimento primaverile; riflessa nella melodia, così come nel testo.
George Harrison – grazie alla mano di Phil Spector – rivestirà il brano di un nuovo splendore, patinandolo e ricamandoci un vasto panorama sonoro.
Degno di nota è il momento in cui entrambi la suonano nel soundcheck dello storico concerto per il Bangladesh del 1971; sollecitata da George per aiutare il suo amico a smorzare la tensione.
5. Behind That Locked Door
1970, da “All Things Must Pass”
Please forget those teardrops
Let me take them for you
Ed ecco un altro pezzo che fa da testimone del gioviale rapporto tra Harrison e Zimmerman. La canzone nasce come dedica di incoraggiamento per un timoroso Bob Dylan, in procinto suonare – dopo ben tre anni lontano dalle scene – sul prestigioso palco dell’ Isle Of Wight Festival del 1969.
Qui, troviamo un Harrison premuroso che ti asciuga le lacrime e scaccia via i timori con limpide parole, accompagnate dalla beautitudine di un country carezzevole. Serve altro?
4. Run Of The Mill
1970, da “All Things Must Pass”
Tomorrow when you rise
Another day for you to realize me
Or send me down again
Il titolo della canzone è un modo di dire inglese, usato per indicare un individuo di discreta abilità e rilevanza. Era proprio come George, all’apice della sua creatività artistica, era percepito; soprattutto, nel mezzo del noto clima di tensione che si respirava negli studi Apple nel 1969. Una situazione che stava causando malumori e sgretolando le amicizie nel gruppo. Pare che le parole del testo siano rivolte, soprattutto, a Paul McCartney; che, a detta di Harrison, non faceva altro che remare contro le decisioni altrui.
Il motivo di questa prestigiosa quarta posizione è da ricercare nella strepitosa e raggiante melodia del brano.
3. All Things Must Pass
1970, da “All Things Must Pass”
Sunrise doesn’t last all morning
A cloudburst doesn’t last all day
Un brano dalla profonda riflessione di stampo taoista; la natura labile della vita e di ogni tassello del mosaico di cui è composta (le persone, gli attimi, i luoghi, i sentimenti…) .
Allietanti vibrazioni e slide sognanti sollecitano una sana accettazione nei confronti del cambiamento imminente e delle varie dinamiche congenite all’esistenza.
Potenzialmente, la canzone più bella scartata dai Beatles.
2. Be Here Now
1973, da “Living In The Material World”
Remember, now, be here now
As it’s not like it was before
The past was, be here now
Un sitar che ruscella, placidamente, sotto delicate pennellate acustiche; il che è sufficiente per catapultare l’ascoltatore in un piacevole stato meditativo e trascendentale.
Non esiste alcun domani, non esiste alcuno ieri. Esiste solo l’adesso.
1. Isn’t It A Pity
1970, da “All Things Must Pass”
Some things take so long
But how do I explain
When not too many people
Can see we’re all the same
Non è un peccato di come, talvolta, si finisca per essere feriti e ferire, trasformando gli affetti in rancori? Non è un peccato quando anche i gesti più sentiti del prossimo finiscano per passare inosservati? Non è una vergogna che ci sia tutto questo egoismo a soffocarci? Non è una vergogna che non si riesca a vedere la bellezza di cui siamo circondati?
Pensieri di tale finezza immersi in una melodia dall’andamento letargico. Un onirico flusso orchestrale travolge l’ascoltatore; mentre Harrison canta – come un mantra – Oh, what a pity. It’s a pity.
Ascolta tutti i brani:
Credit Foto: Koen Suyk / Anefo, CC0, via Wikimedia Commons