Ultimo concerto? In verità per tanti club e locali l’ultimo concerto si è già svolto, più o meno un anno fa, ma nessuno di noi, nemmeno i diretti interessati, ne era a conoscenza. Sto parlando di tutti quei luoghi che sono stati costretti a chiudere per sempre, che hanno dovuto rinunciare ai propri sogni, alle proprie idee, ai propri progetti. Al proprio futuro.
Chiusi non dal terribile virus che ha sconvolto e sta ancora sconvolgendo le nostre vite, ma da una precisa decisione politica presa dal governo Conte II e confermata dal governo Draghi. Questi club e questi locali sono i pochi e veri luoghi di cultura musicale esistenti in Italia, ma il più volte ministro dei beni culturali Franceschini ne ignora non solo il valore artistico e le ampie potenzialità sociali, culturali ed economiche, ma addirittura l’esistenza, convinto che la musica nel nostro paese sia limitata a quella che viene proposta a Sanremo e nei vari talent-show che affollano i palinsesti televisivi oppure riducendola alle stucchevoli litanie nazional-popolari dei soliti personaggi, ormai bolliti, che, da decenni, ingolfano i canali mediatici più commerciali.
Quella dell’ultimo concerto è stata una giusta iniziativa di sensibilizzazione pubblica e politica, ma non credo sia riuscita a convogliare più di tanto l’attenzione, anche a causa del clima ostile e reazionario, contrario ad ogni forma di dissenso, che si respira in questo paese. Le grandi masse, assuefatte da Tik-Tok, da Youtube o Spotify, pensano che ogni cosa gli sia dovuta e debba essere gratuita. Non hanno idea del fatto che i loro click si trasformino in merce virtuale, in una enorme mole di dati da utilizzare per limitare la loro libertà di scelta, prevenendo, controllando ed influenzando quelle che saranno le loro decisioni future; non hanno idea di quanto possa costare organizzare un evento, un concerto, un festival o tenere un locale aperto; non hanno idea di quanta fatica, di quanti sacrifici e quanto impegno siano necessari per diventare un musicista; non hanno idea di cosa significhi rispettare il lavoro e la dignità delle persone che vivono nell’indotto musicale.
Questa è la triste e cruda realtà di un paese provinciale e marginale, governato da una classe politica che eccelle solamente in strafottenza, ignoranza e cialtroneria. Politici che confondono Topolino con Dante; che si vantano del fatto di non leggere libri da anni; che elogiano Barbara D’Urso quasi fosse Nellie Bly; che non conoscono i confini delle regioni italiane o quali siano i loro capoluoghi; che hanno la presunzione di voler rappresentare l’Italia all’estero, senza conoscere non solo l’inglese o qualsiasi altra lingua straniera, ma addirittura le regole essenziali della grammatica italiana.
Questa, purtroppo, lo ripeto, è la spietata realtà con la quale debbono interagire, confrontarsi e combattere coloro che, in Italia, vogliono vivere di musica.
La musica dei club e dei locali notturni, dal post-punk all’indietronica, di qualsiasi genere, attitudine, estrazione o provenienza, fortunatamente, continuerà ad esistere ed evolversi, appassionando nuove generazioni di ascoltatori e musicisti. Non morirà mai, perchè continuerà ad essere amata, rispettata, difesa e tutelata altrove, laddove i politici italiani più scarsi della storia non potranno arrivare a fare danni, ma quanti luoghi di aggregazione e cultura, intanto, saranno costretti a chiudere i battenti nelle nostre città ? Quanti saranno stati, alla fine, gli ultimi concerti?
Vi lascio con questo video di una band americana, all’epoca semi-sconosciuta in Italia, che, nel 1989, vi tenne, per la prima volta, un concerto, divenuto , ormai, leggendario: i Nirvana. Il concerto si svolse proprio in un club, uno di quelli di cui parla questo articolo: il Bloom di Mezzago.
Credit Foto: Francesco Luongo