Il cognome pesante: una vera e propria maledizione per tutti i figli d’arte che coltivano sogni di gloria. Quanti artisti sono riusciti a non farsi schiacciare dall’ombra del genitore celebre dopo aver deciso di seguirne le orme? E quanti ancora potevano dirsi certi di avere le carte in regola per effettivamente avere la speranza di emergere dall’anonimato, non fossero stati pupilli di nobile stirpe? Al giorno d’oggi, almeno, ai rampolli assetati di fama, il più delle volte privi del benchè minimo talento, viene data la possibilità di affollare i social network e i reality show di quart’ordine. Ma negli anni ’60, quando internet era semplicemente un piccolo progetto nelle teste degli ingegneri del Ministero della Difesa statunitense e la televisione era tutto sommato ancora in stato embrionale, il successo facile non era alla portata di nessuno.
Non fu una passeggiata neanche per Nancy Sinatra, primogenita di un certo Frank. Il fatto di essere intrappolata in un’immagine da ragazza acqua e sapone, assai poco in linea quindi con i gusti di un’America stravolta dalle controculture e dalla British invasion, si rivelò una bella gatta da pelare per l’ambiziosa cantante. Un drastico cambio di look, con l’adozione di voluminosi capelli biondi e di una minigonna quanto mai trasgressiva per l’epoca, si rivelò sicuramente utile nel convincere i dirigenti della Reprise a non scaricarla dopo una serie di flop a 45 giri.
Tuttavia la vera emancipazione dall’amorevole ma ingombrante padre Nancy Sinatra riuscì a trovarla solo indossando un bel paio di stivaletti rossi. Dopo esserseli fatti tirare a lucido dall’esperto produttore Lee Hazlewood la venticinquenne del New Jersey iniziò a usarli per tirar calci a destra e a manca, nella speranza di farsi strada in un mondo ““ quello della musica pop, à§a va sans dire – tradizionalmente appannaggio esclusivo degli uomini.
All’alba del 1966, infine, il colpo fatale andò a segno. Un piccolo singolo intitolato “These Boots Are Made For Walkin'” si trasformò in un clamoroso trionfo commerciale, raggiungendo i vertici delle classifiche USA e UK. Chi la scambiò per una semplice canzone country pop dal ritmo incalzante, molto probabilmente, non colse il significato di un testo dai contenuti abbastanza forti, quando non addirittura violenti. Una dichiarazione di guerra al femminile contro un compagno fedifrago così spregevole e falso da meritarsi una tortura tremenda: venire calpestato come una merda.
Nei celeberrimi versi del ritornello (These boots are made for walking/And that’s just what they’ll do/One of these days these boots/Are gonna walk all over you) c’è tutta la superiorità della donna che rifiuta la prepotenza del cosiddetto maschio alfa. Un essere talmente insignificante da risultare indistinguibile dal suolo su cui si posano le scarpe di Nancy Sinatra, fiera di camminare lungo una strada lastricata di omiciattoli presuntuosi e farfalloni.
Se le altre dieci tracce del suo album d’esordio – il fresco cinquantacinquenne “Boots” – fossero state all’altezza di questa epocale hit, oggi saremmo qui a parlare di un capolavoro. La realtà è però ben diversa: per gli standard anni ’60 questo è un disco assolutamente nella media, leggero e al tempo stesso pesante nel suo districarsi tra melodie zuccherine e arrangiamenti pomposi.
è chiaramente un’opera di altri tempi: un piacevole e a tratti divertente pezzo di antiquariato, farcito di cover di brani arcinoti (non male i rifacimenti di “As Tears Go By” di Marianne Faithfull/Rolling Stones, “Day Tripper” e “Run For Your Life” dei Beatles e “It Ain’t Me Babe” di Bob Dylan) e di gustosi scherzetti musicali che funzionano solo grazie allo spirito naà¯f di un’interprete che, pur potendo contare su personalità e coraggio, non ha mai avuto una voce eccelsa (“Lies”, “Flowers On The Wall”). Con questo non si vuole sminuire la bravura di Nancy Sinatra: se la sua carriera non si fosse impantanata già sul finire del decennio, forse ci avrebbe regalato qualche gioia in più. Ma credo ci si possa anche accontentare solo della splendida, immortale “These Boots Are Made For Walkin'”.
Data di pubblicazione: marzo 1966
Tracce: 11
Lunghezza: 30:25
Etichetta: Reprise
Produttore: Lee Hazlewood
Tracklist:
1. As Tears Go By
2. Day Tripper
3. I Move Around
4. It Ain’t Me Babe
5. These Boots Are Made For Walkin’
6. In My Room
7. Lies
8. So Long, Babe
9. Flowers On The Wall
10. If He’d Love Me
11. Run For Your Life