Cercare di dare un ordine alla carriera dei Love è un compito arduo e forse anche inutile. Nel corso della sua esistenza, la band losangelina ha attraversato e non sempre superato una miriade di difficoltà  diverse: litigi, abbandoni, dipendenze, decessi e, dulcis in fundo, una sfilza impressionante di insuccessi commerciali (spesso neanche meritati) che finirono con il tarpare la creatività  del talentuosissimo frontman, ovvero l’unico titolare fisso del progetto:  Arthur Lee. Un artista poliedrico, dalla pelle blues e dal cuore pop, il cui fulgido genio ha illuminato le vie di tanti discepoli delle sonorità  sixties, cresciuti a garage rock e psichedelia.

Peccato solo che il suo percorso sia stato invece pieno di trappole e ostacoli. Il povero Lee, in appena sessantun anni di vita, non si fece mancare davvero nulla: dalle immancabili dipendenze da alcol e droghe ai deliri paranoici, passando ancora per problemi economici e una condanna a dodici anni di carcere per possesso illegale di arma da fuoco. I suoi ultimi giorni sul pianeta Terra Lee li spese però da uomo libero, consumato da una leucemia mieloide acuta. E chissà  quante volte, con il fiato della morte sul collo, si sarà  ritrovato a ricordare con nostalgia i bei tempi andati dell’album eponimo dei Love, quando davanti a sè sembrava esserci un futuro radioso.

Un futuro radioso che, almeno dal punto di vista creativo, si sarebbe poi effettivamente concretizzato: “Da Capo” e “Forever Changes”, rispettivamente secondo e terzo disco del gruppo californiano, sono universalmente considerati capolavori imprescindibili del rock a stelle e strisce. Il debutto forse è un gradino sotto per quanto riguarda originalità  (l’influenza dei Byrds è infatti evidentissima) e qualità  media delle composizioni, ma è comunque un pezzo di storia che non può mancare nella collezione di nessun appassionato dei gloriosi anni ’60.

I Love degli albori erano tosti e amavano più di ogni altra cosa al mondo la grezza semplicità  di un rock dal gusto quasi proto-punk, come ben testimoniato dalle chitarre secche e spigolose di “My Little Red Book” (cover di un brano di Burt Bacharach, che non apprezzò l’omaggio di Arthur Lee e compagni), dal basso ultra-distorto della selvaggia “My Flash On You” e da una sferragliante e frenetica versione di “Hey Joe” (quella celebre di Jimi Hendrix sarebbe arrivata solo nove mesi dopo) interpretata da un indemoniato Bryan MacLean, praticamente il co-leader della band nella sua prima incarnazione.

Anche negli episodi più tradizionalmente pop del disco (vedi “Can’t Explain”, “Softly To Me”, “No Matter What You Do” e “Gazing”) si avverte sempre con chiarezza il desiderio dei Love di suonare il meno convenzionali possibili, privilegiando un’idea spoglia e “primitiva” di rock che trova nell’affiatamento tra l’eccellente bassista Ken Forssi e il batterista Alban “‘Snoopy’ Pfisterer la sua unica, irremovibile base di sostegno.

Ruvidi sì, ma senza esagerare. Perchè il quintetto statunitense, come suggerito dal loro stesso nome, sapeva parlare il linguaggio dell’amore. Una spiccata sensibilità  melodica, una briciola di dolcezza, un pizzico di psichedelia e dosi abbondanti di malinconia in salsa folk: questi gli ingredienti utilizzati da Arthur Lee per realizzare le splendide “A Message To Pretty”, “Mushroom Clouds” e la commovente “Signed D.C.”, una spettrale ballad per chitarra acustica e armonica che racconta in maniera brutale ma onesta la dura realtà  di un tossicodipendente che, abbandonato da tutti e sul piede di morte, riconosce con amarezza i suoi sbagli e piange per “aver venduto la propria anima allo spacciatore”. Un piccolo, scintillante capolavoro tra la polvere del garage rock dei primissimi Love.

Data di pubblicazione: marzo 1966
Tracce: 14
Lunghezza: 36:03
Etichetta: Elektra
Produttori: Mark Abramson, Jac Holzman

Tracklist:
1. My Little Red Book
2. Can’t Explain
3. A Message To Pretty
4. My Flash On You
5. Softly To Me
6. No Matter What You Do
7. Emotions
8. You’ll Be Following
9. Gazing
10. Hey Joe
11. Signed D.C.
12. Colored Balls Falling
13. Mushroom Clouds
14. And More