Di Cassandra Enriquez
Quello di Lyre è un mondo oscuro popolato da queer beauties, e questo disco è il biglietto d’ingresso per poterci finalmente entrare. Lyre è il progetto solista di Serena Brindisi, artista, attrice e performer che, influenzata dalle esperienze teatrali avute in Inghilterra, interpreta qui un demone seducente, dove elettronica, magnetismo e carisma diventa una cosa sola.
Muovendosi all’interno dell’ossimorico dualismo di luce e ombra, buono e cattivo, sono tracciati luoghi insicuri (come dimostra anche il bellissimo video del singolo “Broken Flowers”). Come se fossimo improvvisamente trasportati all’interno del Sottosopra di Stranger Things, ma in una nuova stagione che vira decisamente verso l’horror.
Quello di Lyre non è un semplice esempio di un disco della scena elettronica nostrana, ma è un concentrato di contaminazioni che vanno da Nick Cave a FKA Twigs, e non si pone nessun limite: un disco forse eccessivamente stratificato, ma che ci impone una visione: siamo esseri complessi, e complessa è la musica che ne deriva. Lyre è un mondo nuovo, e bisogna stare anche alle sue regole. Un disco che è difficile da digerire, ma fa cadere velocemente in dipendenza. Tormenti elettronici che diventano esistenziali, e non vediamo l’ora di averne di più.