Debuttano con un album il cui titolo è già una presentazione gli Smile. Band di Torino composta da Michele Sarda alla voce, Hamilton Santià alla chitarra, Francesco Musso alla batteria e Mariano Zaffarano al basso, quattro ragazzi trentenni che hanno alle spalle diverse esperienze musicali di cui vantarsi. Come apprendiamo dalle note del loro ufficio stampa, l’album “rispecchia pienamente lo spirito della band torinese che racconta la monotonia e l’alienazione della vita contemporanea attraverso canzoni da tre minuti, capaci di unire al nervosismo post-punk della sezione ritmica e la melodia di una chitarra jingle-jangle una voce empatica, potente e riflessiva“.
La band si ispira a band del calibro di REM e Smiths, mettiamoci anche i Wedding Present, quando i suoni accelerano come in “How the Race is Done” o in “Towards Me” e un piccolo dirottamento verso i FF nei ritmi sincopati di “Just So You Know”.
Abbiamo colto l’occasione dell’uscita del nuovo album per fare qualche domanda alla band.
I vostri pezzi nascono spesso in sala prove con improvvisazioni che spesso trovano ispirazione e alimento dall’essere insieme per ore creando un’alchimia speciale. Riuscite a comporre in questo periodo di restrizioni al movimento e all’incontro?
Abbiamo sperimentato lo “smartworking” per comporre Stuck in the Middle, una canzone uscita questo Natale per la compilation del blog Polaroid. è stata una esperienza nuova e stimolante e siamo molto contenti del risultato. Le restrizioni, ogni tanto, possono essere un buono stimolo per la creatività . Certo, la sala prove è il nostro habitat naturale, insieme al palco, e comporre lì è molto più bello.
I testi delle vostre canzoni sono specchio della realtà in cui viviamo. Avete già scritto un nuovo brano sulla pandemia?
Mai nello specifico. Non ci siamo mai soffermati sul lockdown o sulla pandemia, nemmeno con metafore o giri di parole. Però “Stuck in the Middle”, almeno nelle sue sfumature, rispecchia sicuramente il distacco quotidiano che viviamo. Per quanto riguarda il disco invece, se c’è stata qualche “influenza”, c’è nel nervosismo di alcune delle ultime registrazioni – fatte tra una zona rossa e l’altra – come quella di “How the Race is Done”.
Band come REM e Smiths hanno segnato la via per un genere che ha influenzato parecchie band degli anni 90 e oltre. Come risponde il pubblico italiano alla vostra musica oggi, soprattutto i giovani, influenzati dai media verso generi molto diversi?
I feedback sono trasversali e generalmente positivi. La sensazione è di essere ascoltati non in virtù della “storia della musica” che ci portiamo dietro (le nostre influenze sono chiarissime), ma perchè la capacità comunicativa del mix chitarre+melodia riesce ad arrivare a tante persone a prescindere dall’età . Di base quando qualcuno ci ascolta o muove il sedere, o canticchia il pezzo anche al primo ascolto”… nel migliore dei casi entrambe le cose. Dopo uno dei nostri primi concerti ci è stato detto che abbiamo già un “nostro sound e una nostra identità “. Questo per noi è fondamentale e trascendere le influenze e le citazioni.
Avete chiare ispirazioni musicali che si esprimono in lingua inglese ma sicuramente avrete una band/artista italiani che amate, attuale o del passato, che vi hanno comunque nutrito molto a livello professionale?
Ovviamente ascoltiamo molta musica italiana anche se non ci sono influenze dirette manifeste. Però ecco nella band Mariano, il bassista, è un fan di Fine Before You Came e Gazebo Penguins; Michele, il cantante, ha ne Le Sacerdotesse de l’Isola del Piacere una grande fonte d’ispirazione; Francesco, il batterista, invece adora l’approccio “punk” dei primi due dischi degli 883, così come l’iconoclastia dei CCCP e quella di Giorgio Gaber; mentre Hamilton, il chitarrista, è storicamente un grande fan degli Afterhours.
Si parla molto di futuro in questi tempi ma le prospettive cambiano ogni settimana. Come vedete il vostro futuro? Come band intendo, state già pensando a nuovi brani visto che di live per ora non se ne fanno?
Abbiamo tanto materiale su cui lavorare: melodie, spunti e piccole idee. Chiaramente non vediamo l’ora di poter tornare a una certa quotidianità di band per poter costruire nuove canzoni visto che quando tutto si è fermato ne avevamo già messe in piedi parecchie di nuove. Per questo cerchiamo di pensare al futuro con un approccio non troppo pessimista, ma il più possibile realista (certo ora è abbastanza un sinonimo, ma ci siamo capiti!).
L’ultima domanda è anche una richiesta di sforzo di fantasia, un gioco, rispondete solo se ne avete l’umore: di quale sponda calcistica pende la band, quella granata o quella a strisce? Se non vi va di rispondere a questa domanda convincetemi che davvero Torino è una città “magica”, anzi, prometteteci una canzone sul tema, magari intitolandola “Magic Jangle”!
La band è composta da tre torinesi puri (Michele, Hamilton, Francesco) e Mariano, che vive qui da pochi anni. Calcisticamenete il Toro vince – almeno qui! – 2 a 1 (Michele e Hamilton) ma in generale riusciamo a vivere questa faccenda in modo parecchio autoironico (anche perchè altrimenti”…). Per quanto riguarda la “città magica”, invece, è indubbio che Torino abbia un fascino magico tutto suo e devo dire che mi ha accolto subito a braccia aperte. Forse è suggestione, ma questo conflitto tra “bene e male” si percepisce in modo molto netto. Per quanto riguarda la canzone a tema: challenge accepted!
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