Eric D. Johnson torna con i suoi Fruit Bats dopo il successo ottenuto con i Bonny Light Horseman, supergruppo folk di cui fanno parte anche Anaà¯s Mitchell e Josh Kaufman (Muzz), che hanno portato a casa un certo successo con il loro omonimo lavoro, risultando l’album folk più venduto in Inghilterra e ottenendo la nomination ai Grammy Award del 2020 come miglior album folk.
Eric D. Johnson per questo nuovo album chiama come produttore proprio Josh Kaufman che ormai possiamo considerare una garanzia, viste le sue precedenti collaborazioni e numerose produzioni per The Hold Steady, Bob Weir, The National e gli stessi Muzz.
Eric D. Johnson in questo lavoro resta fedele al suo sound, contraddistinto da un folk melodico sempre capace di catturare l’attenzione dell’ascoltatore: lo fa con la solita eleganza e con la sua capacità di portarci in una sua dimensione personale, espressione di un folk sognante.
In questo presente, fatto di capolavori osannati che durano solo qualche ascolto, i Fruit Bats hanno il merito di regalare album che ogni tanto vien voglia di rimettere sul piatto per essere la colonna sonora della propria giornata, con melodie e suoni capaci di creare atmosfere speciali.
La band è notevole, composta da musicisti con importanti collaborazioni, il pianista Thomas Bartlett (Nico Muhly, Sufjan Stevens), il violinista Jim Becker (Iron & Wine, Califone) i batteristi Joe Russo e Matt Barrick (Muzz, The Walkmen, Fleet Foxes) e la cantautrice Johanna Samuels.
Il brano di apertura è la title track “The Pet Parade”, un bel pezzo, inizialmente strumentale ma poi rivisto insieme a Josh Kaufman, con un testo che riflette sulle relazioni, sulla ricerca della propria strada, sul significato di vivere.
L’album, una volta iniziato, si ascolta con piacere fino alla fine, ma indubbiamente ci sono brani che spiccano come i singoli scelti “The Balcony”, pezzo dolcemente frizzante e accattivante, e la bella e tenera “Holy Rose”, il cui testo è una dichiarazione d’ amore per le persone che hanno subito l’incendio Tubbs del 2017 che bruciò le contee californiane di Sonoma, Napa e Lake e in particolare la città di Santa Rosa, capoluogo della Contea di Sonoma, con più di 2800 case distrutte, tra le quali quella della moglie di Johnson.
I Fruit Bats ci regalano diversi altri momenti interessanti come “Eagles Below Us”, che mette in mostra tutte le qualità della band oltre all’ottima voce di Eric D. Johnson, “Gullwing Doors” con una linea melodica bellissima che ci accompagna nei momenti di un viaggio.
Con questo album i Fruit Bats non abbassano il livello e Eric D. Johnson dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, di essere un artista vero, capace di riuscire a creare materiale interessante pur restando perfettamente ancorato nel suo stile e nel suo mondo, l’ottima produzione di Josh Kaufman e la qualità della band fanno il resto.
Questo non è un album da sottovalutare, provate ad ascoltarlo e ogni giorno vi sembrerà più bello, lasciatevi catturare dalla capacita compositiva e dalla voce emozionante di Eric D. Johnson.