Mi ricordo ancora quando da ragazzino passavo quel periodo (per mio padre tempo eterno) ascoltando solo punk rock: su Virgin Radio le band che passavano ogni ora, letteralmente, erano gli ambassadors di quel genere e quindi io nel mio Ipod avevo solo Green Day, Blink-182, Rancid, ma soprattutto The Offspring. Ora, aprile 2021, a quasi dieci anni dall’ultimo lavoro pubblicato “Days Go By”, la band californiana è tornata per farci pogare in casa con i genitori: il decimo studio record si chiama “Let The Bad Times Roll”.
“Lascia che i brutti momenti passino”, questa la traduzione semi-letterale del titolo: molto significativo dati questi tempi pandemici. La band, capitanata da Dexter Holland, ha pensato bene di sfornare un album che, a primo ascolto, è uguale a tutti gli altri. Ma che ci aspettiamo signori, è una cosa normale soprattutto del genere punk rock. Tuttavia, l’album scorre che è un piacere e ammetto che, per mezz’ora e più di ascolto, ho mosso la gamba a tempo preso da un’euforia pazzesca.
Per questo LP il bassista Greg K. lascia il posto a Todd Morse, andandosene dal gruppo nel 2019. Molto strano dato che la produzione di questo lavoro è stata molto travagliata: partendo dal 2013 (anno successivo alla pubblicazione del nono album) si è arrivati al 2019 passando da vari studi di registrazione, da varie prove e da varie versioni delle canzoni. Tutto questo, comunque, mentre la band era in tour. Arrivati a inizio 2020, la data di pubblicazione viene di nuovo slittata all’anno dopo date le problematiche causa Covid-19. E, finalmente, a febbraio 2021 Holland e Noodles confermano la fine delle produzioni.
L’album si apre con “This Is Not Utopia”: lo stile è proprio targato The Offspring, ovvero veloce, mega carico di batteria e chitarra e con la voce di Dexter Holland che parte subito all’impazzata. Niente di nuovo, come dicevo prima ma è un tuffo nel passato che serve. La seconda traccia, “Let The Bad Times Roll”, dà il titolo all’album: una canzone d’amore in stile punk con un ritornello molto semplice “I’m doing it all for you”. Tutto prende note più SKA nel brano “We Never Have Sex Anymore”, con anche una linea di basso non male che introduce, assieme alle trombe, la voce del frontman (poi dal minuto 2.08 sembra di essere alla festa dell’Unità ). Tutto cambia con “In The Hall Of The Mountain King”: per chi è amante di musica classica questo titolo è lo stesso dell’ultimo brano della suite op. 46 di Edvard Grieg. E, infatti, l’intro riprende proprio quelle musiche, solo ri-arrangiate con la chitarra elettrica: ti sembra di passare da un concerto punk rock ad un concerto classico – metal in due secondi. Infine, l’unica ballad contenuta nell’album è “Gone Away” seguita poi dalla track finale “Lullaby”, che è anche il brano più corto di tutto il lavoro.
Quindi, che dire? Diciamo che, tutto sommato, il voto che ho dato se l’è guadagnato. Non per l’originalità degli arrangiamenti, per il cambio di stile o chissà che. Si merita un bel 7 solo perchè è un bel tuffo nel passato, che non fa mai male. Certo, nessun fan degli Offspring vuole un cambiamento di rotta (sia chiaro!) e sicuramente saranno molto felici del risultato post ascolto. Quello che mi sorge in modo spontaneo, però, riguarda proprio il genere in questione: il punk rock riuscirà a sopravvivere ad un’era dove i generi si fondono e cambiano continuamente e dove gli ascoltatori chiedono sempre vibes nuove?
Credit Foto: Daveed Benito