Sarò impazzito io, ma questo anno delle serie Tv è iniziato fantasticamente; difatti questa è almeno la quarta serie di cui parlo con toni a dir poco entusiasti.
Incredibilmente, prima di capitare in questa miniserie di otto episodi, Charles Sobhraj, falsario, spacciatore di gemme e serial-killer di hippie, non lo avevo manco mai sentito nominare.
Poco male, dato che a quanto pare la ricostruzione delle sue “gesta” operata da “The Serpent” è meticolosa e veritiera. Dettagliata e avvolgente è anche la messa in scena storico-geografica, con gli anni ’70 e il sud-est asiatico resi in tutto il loro ammaliante e caotico spendore.
Gli attori, ma con personaggi del genere era difficile non fare almeno bene, sono davvero tutti in parte. I due protagonisti Tahar Rahim / The Serpent e il suo indefesso cacciatore Billy Howle / Herman Knippenberg sono perfetti e inscenano un duello a distanza micidiale. Tra i comprimari svettano la dolce ma determinata Nadine di Mathilde Warnier, il terribile complice Ajay di Amesh Edireweera e il turbolento diplomatico belga Paul di Tim McInnerny (il mio personale preferito).
Il coinvolgimento è assicurato da un montaggio che salta freneticamente su disparati livelli temporali con agili flashback e flashforward. Il meccanismo, che all’inizio può anche arrivare a infastidire, si assorbe presto e diventa uno strumento di tensione infallibile.
Tensione che viene rilasciata soltanto negli ultimi minuti dell’ultimo episodio quando…
Ah, la colonna sonora, giustamente divisa tra grandi classici e chicche dell’epoca, è fantastica.