Il trio bavarese Aloa Input si era già fatto notare con due LP pubblicati da Morr Music nel 2013 e nel 2015. Dopo una lunga pausa che li ha visti impegnati in numerosi altri progetti, ritornano con “Devil’s Diamond Memory Collection”: un concept album dedicato a un mondo post-umano, che avevano cominciato a concepire durante il loro ultimo tour, e ha poi preso forma lungo molte sessioni di registrazione, tra Città del Messico, Montreal e Monaco.
Tra le fonti di ispirazione la band cita la filosofa statunitense Donna Haraway, che nel suo “Manifesto Cyborg” (1985) parlava di “creature simultaneamente animali e macchine, che popolano mondi ambiguamente naturali e costruiti”. Se c’è un punto fermo in queste 12 tracce “” un viaggio in un futuro psichedelico prima che distopico “” è proprio la costante compresenza di organico e artificiale, acustico ed elettronico.
Le linee di basso sporche e i synth (video)giocosi di “Desert Something” rimandano all’indietronica downtempo degli Electric President o della Beta Band. La voce di Angela Aux si muove agilmente tra le melodie Notwistiane di “Make It Rain” e “Beta Mourning Journal” e il flow tipicamente Anticon di “How Mellow the Sun” e “The Conscious Stone”. I droni di Cico Beck (diventato ormai membro stabile dei Notwist) e la batteria acustica di Marcus Grassl creano una miscela straniante, che fluttua nello spaziotempo.
La title track è un viaggio lisergico à la Caribou dove il “servizio di backup dell’anima” sembra aver ripristinato una copia del futuro da un rullino scaduto, come nell’artwork di Daniel Schà¼ssler. In “Atlas Daze” l’atmosfera Morriconiana con chitarra acustica e fischio è attraversata dai bleeps di assistenti AI, in un western apocalittico (“vedo la terra che sta affogando / vedo il cielo che sta cadendo”). Ma nella conclusiva “Universe Keeps Places”, le ultime parole sono di un androide benigno: “l’universo ha ancora molti posti da visitare”.
Photo by Matthias Kestel