All’inizio del nuovo millennio, i 24 Grana, gruppo napoletano composto dal cantante e chitarrista Francesco Di Bella, il bassista Armando Cotugno, il chitarrista Giuseppe Fontanella e il batterista Renato Minale, sono in piena ascesa sospinti da uno-due micidiale con cui avevano dato inizio al loro percorso artistico.

Se i semi erano stati gettati con “Loop”, suggestivo debut-album in cui il dub la faceva da padrone, innestato in una musica moderna e antica insieme, fu il successivo “Metaversus”, pubblicato nel 1999, a consacrarli tra le band più interessanti di quel decennio.

Quel disco infatti portò loro popolarità , copertine, tanti concerti su e giù per lo Stivale sempre affollati, e diede piena credibilità  a una proposta originale (in cui il rock si mescolava all’amato reggae e all’elettronica), eppure ancora in piena evoluzione.

A testimonianza di ciò, un ulteriore cambiamento si ebbe all’altezza del terzo lavoro discografico, il “K Album”, che va a compiere 20 anni tondi; una data certa non ci è stato possibile stabilirla, e allora con la band si è optato di tenere valida quella di oggi, 28 maggio, che vede oltretutto una gradita sorpresa (annunciata da tempo dai loro canali di informazione): l’uscita di un’edizione remixata e rimasterizzata del disco (“White Vinyl 20th Anniversary”).

E’ in questo album che la scrittura dei ragazzi viene portata a compimento, laddove certe spigolature vengono smussate – più nella forma che nella sostanza a dir la verità  – e si iniziano a intravedere quelle doti compositive che li spingeranno in territori sempre più vicini alla canzone d’autore.

Quella che ci troviamo di fronte è una compagine cresciuta, che in un lustro o poco più è stata già  capace di perlustrare differenti territori, non tradendo mai però lo spirito degli inizi e l’appartenenza stretta a un microcosmo, che poi tanto piccolo non è, poichè la cultura e la storia di Napoli – con tutte le sue implicazioni sociali, le sue contraddizioni e soprattutto la sua inalterata bellezza – sono fonte preziosa dalla quale abbeverarsi all’infinito e trarre continua ispirazione.

La K che intitola l’album campeggia in realtà  in quasi ogni traccia, delineando una sorta di concept, e sul significato si è pure disquisito ma in realtà  pare si faccia riferimento alla sua traduzione inglese, e quindi si tratterebbe della “chiave d’accesso” giusta da dare in volta in volta ai singoli brani, tutti suggestivi e in grado di catturare l’attenzione.

Che sia un lavoro per lo più riflessivo, sapendo indurre a pensare e interrogarsi su quanto ci accade e ci circonda, lo si comprende presto, anche se Di Bella e soci con l’opening track (“Pikkola Kanzone per K”) si divertono a confonderci, creando un felice parallelismo col mood del precedente e celebrato disco.

Saranno pertanto i due pezzi successivi a mostrarci un lato nuovo dei 24 Grana, delicato, sognante e intriso di buone vibrazioni. Sia “‘E Kose ka Spakkano” che “Kanzone doce” (il cui titolo è piuttosto emblematico in tal senso) sono delle morbide ballate, in cui il lirismo di Francesco assume connotati rilevanti, intessuto in un sound che avvolge l’ascoltatore, in particolare grazie alla melodiosa chitarra di Fontanella – nella prima – e a un moto circolare elettroacustico che non tradisce le origini reggae nella seconda.

“Kanzoneanarkika”, visto il tema caro al gruppo, è declinata mediante un rock ruvido e tagliente, quello che ci serve per arrivare dritto al cuore; chitarre e “rumori” sono protagonisti pure di “Kanzone su un detenuto politico” (a detta di chi scrive, uno dei loro vertici creativi) dove si sceglie di accostare a un linguaggio crudo e rassegnato una musica struggente, il cui crescendo ritmico traduce l’emotività  del protagonista – e di noi che ascoltiamo ammaliati – in una storia di amara solitudine. Il tema del carcere tornerà  magari più a fuoco in futuro (pensiamo ad esempio alla traccia eponima contenuta in “Ghostwriters”) ma già  qui viene sviscerato toccando le corde giuste.

In “Kanzone su Londra” i Nostri tornano a sperimentare con i suoni, per una composizione frizzante e raffinata allo stesso tempo, mentre il lato dolce-amaro emerge nella “Kanzone del Pisello” (in cui si inserisce la deliziosa voce di Libera Velo).

E’ il preludio al culmine dell’album, espresso da quel capolavoro che risponde al nome di “Kevlar”. Anticipata dal cadere della pioggia e da tenui arpeggi al pianoforte, la canzone si dipana in tutto il suo melanconico candore. L’amore salvifico è il focus del brano ma è innegabile che tutto concorra a creare un’atmosfera intrisa di intenso struggimento.

Dopo un episodio di tale potenza emotiva, le parole non servono più e i 24 Grana ci salutano così con la strumentale “Kanzone del Fumo” che una volta di più ne denota i progressi in campo musicale, visto che ogni parte risalta senza bisogno di sovrastare l’altra.

Non saprei dirvi quale sia il disco che in assoluto meglio esemplifica la forza e il talento di questo gruppo (a mio avviso sempre poco omaggiato rispetto ai suoi grandi meriti), ma di certo oggi come allora credo che “K Album”, oltre a contenere alcuni tra gli episodi più riusciti della carriera dei 24 Grana, sia anche il più adatto a rappresentare un prezioso e imperdibile compendio di tutte le loro variegate istanze artistiche.

Data di pubblicazione:  28 maggio 2001
Tracce: 9
Lunghezza: 41:43
Etichetta: La Canzonetta/Sintesi 3000
Produttore: 24 Grana

Tracklist
1. Pikkola Kanzone per K
2. ‘E Kose ka Spakkano
3. Kanzone Doce
4. Kanzoneanarkika
5. Kanzone su un detenuto politico
6. Kanzone su Londra
7. Kanzone del Pisello
8. Kevlar
9. Kanzone del Fumo