Provate a immaginare la scena che mi appresto a raccontarvi. Siamo nell’autunno del 1972. Sul giradischi di un giovane appassionato di progressive rock gira il vinile di “Foxtrot”, il nuovo album dei Genesis. Il nostro amico, spaparanzato sul divano del salotto, è in piena estasi. Parte “Supper’s Ready”, la mega-suite da ventitrè minuti che chiude il lato B, e l’esperienza arriva a farsi orgasmica. D’improvviso, pochi istanti prima di raggiungere il massimo del piacere, l’ascolto viene interrotto dalla comparsa di uno spettro.
Il minaccioso fantasma, lontano parente dello Spirito del Natale Futuro di dickensiana memoria, lancia un terribile monito al ragazzo: «Goditi questa versione dei Genesis fino a quando ne avrai la possibilità , perchè nel giro di pochi anni le cose cambieranno drasticamente. Phil Collins si impadronirà del microfono e trasformerà i tuoi idoli in un innocuo gruppo pop ».
Il protagonista della nostra storia scoppia in una fragorosa risata: non crede alle parole appena pronunciate dal suo spaventoso ospite. Questi, umiliato e in preda all’ira, sceglie di passare alle maniere forti: gli si avvicina di scatto e, una volta posategli le ectoplasmatiche mani sulle tempie, mostra al malcapitato il triste destino che attende la sua band prediletta.
Il tocco invisibile innesca una serie di visioni angoscianti e mortifere, tutte provenienti da un’epoca ancora lontana. è il 1986: dalle ceneri del progressive emergono i nuovi Genesis, da tempo orfani di Peter Gabriel e Steve Hackett. I tre superstiti, artefici di una lenta ma graduale metamorfosi radio-friendly, si godono il successo clamoroso della loro tredicesima fatica in studio. “Invisible Touch” è il disco della consacrazione definitiva; un vero e proprio fenomeno globale, con singoli e videoclip a intasare le emittenti del mondo intero.
Quasi venti milioni di copie vendute in ogni angolo del globo. Tanta soddisfazione, certo”…ma a quale prezzo? Quest’album non ha anima. Non è brutto, ma non è neanche bello: è un’opera superficiale e priva di sostanza, adatta per chi si accontenta semplicemente di una manciata di ritornelli accattivanti e appiccicosi.
La sua è un’inconsistenza dai tratti persino inquietanti: leggetevi “American Psycho” e scoprirete che per Patrick Bateman, lo yuppie e serial killer edonista creato dalla penna di Bret Easton Ellis, si tratta di un assoluto capolavoro. Il messaggio dello scrittore, seppur sopra le righe, è chiaro: le persone a cui sinceramente piace questo LP potrebbero essere completamente fuori di testa.
Ogni traccia suona fredda, esagerata e pomposa. Un’orgia di pop sintetico e sovraprodotto incapace di regalare la benchè minima emozione, nonostante la presenza di un paio di ballad sentimentali di pregevole fattura: “In Too Deep” e “Throwing It All Away”, due canzoni perfettamente in linea con lo stile della carriera solista di Phil Collins.
Il cantante e batterista di Chiswick, già affermatissimo autore di hit anche senza il contributo dei compagni Mike Rutherford e Tony Banks, prende le redini dei Genesis e li plasma a sua immagine e somiglianza. Spazza via i timidi barlumi di art pop rimasti ““ eredità dei primi lavori degli anni ’80 ““ e li sostituisce con sonorità leziose e artefatte, non troppo distanti dal canone AOR/soft rock confezionato dalle major per il mercato americano.
Non è un caso, quindi, che “Invisible Touch” abbia letteralmente sfondato negli Stati Uniti, dove vengono particolarmente apprezzati i motivetti ultra-orecchiabili della title track e di “Land Of Confusion”. Seguendo lo stesso ragionamento, potremmo considerare le impalpabili ombre di progressive che infestano le note delle lunghissime “Tonight, Tonight, Tonight” e “Domino” come un ultimo, disperato tentativo di non perdere definitivamente i contatti con la vecchia madre Europa dove il genere, tra alti e bassi, è da sempre amatissimo.
Ma è solo un’illusione o, per meglio dire, un incubo: il fantasma svanisce e “Foxtrot” torna a girare sul piatto. Il protagonista della nostra storia tira un sospiro di sollievo: per sua (ma anche per nostra) fortuna, il 1986 e “Invisible Touch” sono lontani.
Data di pubblicazione: 6 giugno 1986
Tracce: 8
Lunghezza: 45:42
Etichetta: Charisma/Virgin, Atlantic
Produttori: Genesis, Hugh Padgham
Tracklist:
1. Invisible Touch
2. Tonight, Tonight, Tonight
3. Land Of Confusion
4. In Too Deep
5. Anything She Does
6. Domino
7. Throwing It All Away
8. The Brazilian