Non è semplice parlare di un disco come “Iato“; la quarantena ci ha abituato a picchi di prevedibilità che sembrano aver dato un colpo basso importante al concetto di “indipendenza” e di libertà creativa. Ecco perchè non può che colpire il quarto d’ora di contaminazioni proposta da IL COSA, progetto di musica (possiamo dirlo, oggi?) sperimentale laziale che venerdì scorso ha tirato fuori dal cilindro il suo nuovo EP che, come in uno iato, riesce a far convivere fra loro estremi opposti senza volontà di risolverne a tutti i costi il conflitto.
Non è un ascolto facile, quello di “Iato“; la massiccia presenza di parti strumentali rende difficile, per l’ascoltatore medio di oggi, non perdersi nei meandri di un trip che avvolge e confonde – e s’intende, è un merito e non una colpa. I testi presenti disturbano con la volontà di farlo, grazie all’utilizzo espressivo di autotune e correttori vocali che aiutano ad aumentare l’effetto distopico del tutto.
Echi di dark wave, figlie di un’elettronica che merita di essere curata e affinata ma che rivela, sin da subito, una buona consapevolezza estetica: per quanto certi suoni potevano essere curati forse meglio (soprattutto in fase di mixing), dietro la forma grezza dell’artigianato si intravede un nocciolo artistico importante, che richiede a gran voce attenzione dall’ascoltatore senza cedere, per questo, alle lusinghe del “pop a tutti i costi”.
Preferisco forse “Black Box – 4:20 version” alla sua omonima “Black Box”, mentre entrambe le versioni di “Nullipotent” fanno salire dallo stomaco un’allucinazione che stordisce nel modo giusto; “Razza di idiota”, invece, pare essere il manifesto di un disco che pretende di “spostare” gli equilibri di chi ascolta, rendendone impossibile la digestione musicale.
“Che non può essere salvato” conferma assonanze con un panorama vasto di influenze musicali, dai CCCP a Tuttifenomeni, e accompagna IL COSA ad un risultato finale convincente, dissonante e consonante (allo stesso tempo); proprio come uno iato.