Sono passati oltre tre anni dall’uscita dell’eccellente sophomore “Historian”: da allora sono successe parecchie cose nella vita di Lucy Dacus a partire dai suoi numerosi tour da headliner in giro per il globo passando per l’EP con le sue amiche Phoebe Bridgers e Julien Baker come Boygenius fino alla registrazione di questo nuovo album a Nashville nell’estate del 2019.
I programmi per lo scorso anno erano diversi per la giovane musicista nativa della Virginia, ma da poco trasferitasi a Philadelphia, ma la pandemia ha bloccato tutto in questo anno e mezzo e l’uscita del disco, realizzato ancora una volta dalla prestigiosa Matador Records, è arrivata solo ora.
In questo nuovo LP la ventiseienne statunitense di Richmond racconta dei suoi anni formativi in Virginia, costruendo così una specie di libro di memorie che in più di un momento va a completarsi con l’intimità del disco.
I racconti ovviamente fanno spesso riflettere come capita per esempio in “Christine”, dove Lucy parla di una sua amica che ha paura si perda in una relazione sentimentale non ideale per lei: la sua narrazione è accompagnata dalla delicatezza di piano e chitarra acustica, che comunque lasciano adeguato spazio alla voce della musicista di Richmond per emanare i suoi sentimenti.
La successiva “First Time” ci riporta su territori indie-rock costruiti sì con chitarre fuzzy e con una batteria che continua a spingere, ma anche con luccicanti linee di synth che, pur rimanendo in sottofondo, svolgono comunque una parte piacevole e importante.
Il singolo “Thumbs”, suonato spesso ai suoi concerti negli ultimi anni, ma mai pubblicato fino a ora, racconta di un’amica di Lucy che rivede il padre che è sempre stato distante: il doloroso momento è accompagnato da un tappeto sonoro di synth leggeri che non contaminano, però, i sentimenti presenti al suo interno.
La successiva “Going Going Gone” è una delle tracce che ci sorprende maggiormente all’interno di “Home Video”: il pezzo, infatti, è un folk chitarra-voce piuttosto rustico, ma dolce e passionale e vede la partecipazione di Julien e Phoebe ai backing vocals. E’ davvero bello alla fine del brano ascoltare le voci degli amici che fanno i complimenti e applaudono Lucy perchè è riuscita a registrare questo pezzo al primo tentativo.
Un’altra interessante novità la troviamo all’interno della successiva “Partner In Crime”, dove vediamo la Dacus utilizzare inaspettatamente l’auto-tune, mentre “Triple Dog Dear”, della durata di quasi otto minuti, chiude il disco tra piano e synth senza mai forzare (salvo per pochi momenti verso la fine).
Mentre racconta le sue memorie, la musicista nativa della Virginia cerca di trovare la forza per andare avanti e crescere e, allo stesso tempo, riesce anche a provare alcune nuove strade sonore, realizzando un album solido, maturo e malinconico.
Photo Credit: Ebru Yildiz